Lasciate, cari lettori, che il mio sia un racconto anche un po' personale. Sono stati quattro giorni spossanti, con riunioni di Direzione fumosissime, in tutti i sensi. Non sono riuscito nel liveblogging, come promesso. Non solo per motivi di tempo, ma anche per l'"imbarazzo" di cui vi dicevo, perché in questo congresso la dirigenza radicale non ha dato certo il meglio di sé.
Non è stato un bel congresso, l'ha detto anche Emma. I congressisti non hanno compreso gran ché di un dibattito interno e introverso, persino dai tratti oligarchici quando l'ultima notte, mentre in plenaria si susseguivano gli interventi dal palco la dirigenza era riunita a prendere le ultime decisioni, per poi far trapelare sulla stampa stralci della discussione.
E' accaduto esattamente ciò che temevo, e che andavo esplicitando in un articolo pubblicato la scorsa settimana su il Giornale.
Se non quattro, almeno tre giorni in cui si sono alternati inquisitori e difensori di Capezzone; un dibattito schiacciato, e oscurato, dal lancio di stoviglie. Se il clichè di Pannella che «divora i suoi figli» aveva contribuito ad accendere i riflettori sul Congresso, lo stereotipo ha però divorato il dibattito. Poca politica, pochissima elaborazione di contenuti, anche se di questi i radicali sono già ricchi. Poco spazio nel dibattito, per esempio, per contributi preziosi come il lavoro della Commissione sulla scuola, presieduta da Lorenzo Strik Lievers, e quello del gruppo Welfare to Work.
Quali che fossero i motivi di Marco - il ridimensionamento della figura di Capezzone, e della sua libertà d'azione, all'interno e all'esterno del partito, o l'intento pedagogico di difendere Daniele dai "pericoli del successo" - di sicuro non si fermavano al ricambio della segreteria. Al di là dell'errore di Capezzone, di non aver da subito accettato la regola aurea radicale dell'"intercapedine" tra partito e incarichi nelle istituzioni, è innegabile che Pannella ha proseguito con il suo "processo" ben oltre il momento in cui il dato del ricambio era ormai acquisito, giungendo ai limiti di un vero e proprio processo di purificazione e "decapezzonizzazione".
Il divoramento di Capezzone, però, è tutt'altro che riuscito. La demolizione di Daniele è apparsa iniziativa personale di Pannella (e al massimo di parte dei dirigenti). Non è stata minimamente raccolta dal Congresso, che anzi ha tributato al segretario uscente una vera e propria ovazione, rafforzandone la leadership politica tra gli iscritti e all'esterno, e accolto con rara freddezza la requisitoria di Pannella, ammorbidita rispetto alle riunioni ristrette, e persino con irritazione i capi d'accusa mossi da altri dirigenti in plenaria e nelle commissioni.
Capezzone ha senza dubbio vinto il Congresso, se un vincitore bisogna indicarlo. La mozione generale approvata, che esprime l'indirizzo politico del Movimento, è l'esito naturale della sua relazione introduttiva (con la linea e tutti gli obiettivi, persino dei "volenterosi"). Splendida, la sua replica, leale ed astuta in più punti, impreziosita da quel riferimento finale a una politica, quella italiana, troppo «maschia ma impotente».
Certo, l'essere uscito vincitore dal Congresso non vuol dire che per Daniele il futuro nel partito sia roseo, che nella vita di tutti i giorni sia facile, ma il futuro non sarà facile neanche per il partito. Per capire se quella di Padova è stata o no una vittoria di Pirro bisognerà vedere se Pannella proseguirà nel suo atteggiamento di ostilità nei confronti di Capezzone, dando la stura a risentimenti e invidie interne, e quindi marginalizzando ai limiti del "mobbing" la sua iniziativa politica, oppure se invece il contributo di Daniele continuerà a essere ritenuto una risorsa, e identificato con la linea del partito, o comunque a non apparire estraneo rispetto all'iniziativa degli altri leader e parlamentari radicali.
Per il momento Pannella sembra prendersela con la stampa (e non insistere su Capezzone), che per lo più non poteva che riportare nel modo in cui ha fatto - certo con un'"ingerenza" eccessiva da parte di giornali-partito come Repubblica e Corriere, ma c'era da aspettarselo - uno scontro che in questi termini l'ha voluto impostare lo stesso Pannella. Per una volta la stampa non isolava dal contesto frasi e spezzoni, ma riportava il senso di ciò che avveniva, a volte intuendo nodi che purtroppo neanche nelle riunioni di Direzione sono stati affrontati in modo esplicito.
L'attenzione interessata dei giornali, tale da spingersi a prendere posizione pro e contro Capezzone, dimostra una riacquistata centralità che i radicali dovrebbero chiedersi come gestire, come sfruttare a proprio vantaggio per inserirsi da corsari nelle contraddizioni della stampa di regime, un'attenzione né da demonizzare né di cui incensarsi.
Acquisito il ricambio alla segreteria, sono state eluse, sacrificate alla personalizzazione dello scontro, le questioni politiche. Al di là del "processo", poteva essere un'occasione importante per un dibattito aperto, interno e congressuale, volto a ricomporre quelle differenze di linea, che pure ci sono, nei confronti del governo, della crisi profonda della Rosa nel Pugno, e di un rilancio del partito che non può non dipendere anche dall'azione politica in Parlamento e al governo.
Su questi nodi c'è stata invece carenza di analisi, forse di visione strategica comune, e incertezza sul da farsi. La Bonino dice che di questa Finanziaria «non muore nessuno». Pannella che non ha «nessuna fretta e nessun piacere» di «ficcarsi nel "piatto ricco" dei delusi e degli apocalittici», che non è il momento della «demagogia» e dell'«impazienza». Capezzone vedete tutti la disinvoltura con la quale si muove.
E' vero, la mozione conclusiva è unitaria sul "cosa", ma nulla lascia presagire che le differenze siano appianate sul "come".
Ed è indubbio che il "tavolo dei volenterosi", a parole sostenuto da tutti, è un'operazione vista con sospetto per gli esiti dirompenti negli assetti di potere che potrebbe determinare. Non era quindi indifferente con quale ruolo a Capezzone fosse lasciata aperta la possibilità di esplorare questo percorso: se solo da parlamentare, presidente della Commissione Attività produttive, oppure anche da segretario del partito.
Contatti e consonanze, con l'"amico" Tabacci, con Giavazzi, Confindustria e il Corriere, presentano delle insidie che sarebbe stato meglio per lo meno discutere, magari per formulare una linea comune, per capire come tramutare i rischi di appiattimento, dell'"essere usati", in occasioni per "usare" a propria volta. E, d'altra parte, neanche in campagna elettorale l'attenzione del Corriere per la Rosa nel Pugno si può dire che fosse priva di sguardi interessati. O no?
Ora che l'alternanza prodiana è acquisita non sono i radicali a doversi fare carico della sua durata. La missione, dichiarata agli elettori in campagna elettorale, è l'alternativa liberale. E le ragioni dell'alternativa oggi potrebbero confliggere con quelle dell'alternanza. E' questo l'approccio, lo vado ripetendo, con il quale i radicali dovrebbero affrontare la sfida della loro recuperata presenza nelle istituzioni.
E stupisce, ascoltando le conversazioni settimanali negli ultimi mesi, l'approssimazione, gli stereotipi con cui si muove in questo periodo Marco, per esempio su Bush, sulla politica americana, circondato evidentemente da mala informazione e cattivi informatori.
11 comments:
Bravo, bravissimo.
Ora potresti anche aderire al Capezzone Fan Club.
:-)
Ti invito a leggere anche il mio ultimo post.
ciao, alla prossima
carlomenegante.ilcannocchiale.it
"(...) in questo periodo Marco, (...), circondato evidentemente da mala informazione e cattivi informatori."
frase standard che si usa per attenuare l'impressione di conclamata bollitura di un leader in declino definitivo.
Sul resto vedo che concordiamo nella sostanza. Epperò quella radicale, lo sai pure tu, è una crisi interna (di habitat anche) che viene da lontano. Anche l'anno scorso ci fu un comportamento tipicamente oligarchico ed anticongressuale. I gruppettari stabilirono l'approvazione dell'alleanza con lo Sdi all'inizio dei lavori e limitarono al minimo il dibattito politico assembleare.
E' chiaro che poi i nodi, prima o poi, vengano tutti al pettine. Ed anche il nostro Daniele ha le sue colpe (i suoi errori sono spesso ritardi e procrastinazioni).
Non è certo da oggi che vanno emergendo molti motivi di dissenso tra lui e Marco, nonostante i buoni sentimenti che li legano.
fuochi fatui ovvero, cambiare tutto per non cambiare niente; e così, dal cilindro boniniano, sono uscite le...tre marie!!!
meglio del famoso panettone?
ciao.
io ero tzunami...
Non ho capito la cosa sui giornali-partito. Suppongo la Repubblica sia DS-IDV, ma il Corriere di che partito sarebbe?
No, Maurizio, non c'entra la vicinanza.
I giornali in Italia si muovono come partiti, loro in sé, con i propri interessi e le proprie strategie politiche, senza però dichiararli al lettore e rendersi responsabili.
su molto argomenti ho visto le stesse cose che hai visto tu.
se ti può interessare il punto di vista di un esterno, ho provato anch'io a dare la mia interpretazione al congresso (che a prescindere dalla politica, è stata comunque un'occasione di divertimento). un saluto
Un'analisi molto onesta, come sempre.
Non ci resta che aspettare, secondo me ora Marco emarginerà sempre di più Daniele... vedremo.
Sono d'accordo con Sgembo, anche se non sono un'esperta di 'radicali'....Oramai pannella è ingestibile...ed ha seminato talmente tanti rancori che alcuni sono anti-radicali solo per quello...compresi coloro che sarebbero, per formazione, ideologia e etica, a favore...Ha avuto molti meriti, ma anche sta facendo dei danni non indifferenti...
una cosa è chiarissima: una parte dei dirigenti ha fatto una figura molto "piccina" (o cammellata se vi pare)
sul tema
http://fainotizia.radioradicale.it/2006/11/07/pasti-congressuali
la notte di morti viventi...
ciao.
io ero tzunami...
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