La mia lettera su il Riformista di oggi:
Caro direttore, si torna a parlare di droga e la morte di Milton Friedman ci offre un'occasione in più per riflettere a partire da un suo celebre articolo, pubblicato su Newsweek nel 1972: “Prohibition and Drugs”. «Sul piano etico, abbiamo il diritto di usare la macchina dello Stato per impedire che una persona diventi alcolista o tossicodipendente?» Per adulti responsabili, Friedman risponde di no. «Ragionare con il tossicodipendente potenziale, sì. Spiegargli le conseguenze, sì. Pregare per lui e con lui, sì». Ma «non abbiamo il diritto di usare la forza, direttamente o indirettamente, per impedire ad un altro uomo di suicidarsi, figuriamoci di consumare alcol o droghe».
Tuttavia, osserva Friedman, «non abbiamo bisogno di risolvere l'aspetto etico» se comunque constatiamo il fallimento delle politiche proibizioniste, che, anzi, peggiorano le cose sia per i tossicodipendenti che per tutti noi. Al di là degli aspetti etici, il proibizionismo (l'esperienza sull'alcol negli Usa è emblematica) genera crimine, di strada e organizzato, e corruzione. «Qualsiasi cosa accada al numero di tossicodipendenti, il singolo starebbe certamente meglio se le droghe fossero legali. Oggi hanno un prezzo incredibilmente alto, e la qualità è fortemente incerta. I tossicodipendenti sono indotti ad associarsi con i criminali per ottenere la droga, a diventare essi stessi criminali per pagare ciò di cui hanno bisogno, a rischiare continuamente malattie e morte». Per quanto riguarda le altre persone, «il danno che ci porta la tossicodipenza altrui deriva totalmente dal fatto che le droghe sono illegali. Legalizziamole, e i crimini di strada crolleranno... Finché sono in gioco grandi somme di denaro - e continueranno ad esserlo, se le droghe restano illegali - è letteralmente senza speranza l'attesa di porre fine al traffico, o anche di ridurlo in maniera significativa». È esattamente questo che l'esperienza ci ha dimostrato.
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