Pagine

Tuesday, November 14, 2006

La Chiesa anglicana sceglie la compassione

Coraggiosa presa di posizione della Chiesa Anglicana sul tema dell'eutanasia. Il vescovo Tom Butler, in una lettera diffusa dall'Observer spiega che in alcune circostanze, le condizioni per esempio di un neonato prematuro con gravissime malformazioni, al diritto alla vita si può anteporre il valore della compassione cristiana.

È questo il parere che la Chiesa d'Inghilterra invierà alla commissione scientifica indipendente che sta valutando l'eticità di rianimare e curare piccoli venuti alla luce in condizioni disperate dopo gestazioni troppo brevi.
«In alcuni casi può essere giusto evitare o sospendere il trattamento clinico, sapendo che questa scelta può portare forse, o probabilmente, o anche certamente alla morte... Ci possono essere casi nei quali, per un cristiano, la compassione può prevalere sulla regola che la vita dev'essere inevitabilmente preservata... le cure sproporzionate in nome del prolungamento della vita sono un esempio».
La decisione «letale» del medico dev'essere frutto di «manifesta riluttanza», ma ecco l'approccio che proprio non ti aspetteresti, quello utilitarista: «Il principio di giustizia implica che il costo delle cure e i costi di lungo termine per la sanità e la pubblica istruzione debbono essere valutati in termini di opportunità per il servizio sanitario di usare le risorse per salvare altre vite».

Il parere religioso della Chiesa anglicana si avvicina al documento del Royal College di Ostetricia e Ginecologia, che ha chiesto di considerare «l'eutanasia attiva» per neonati con gravissime disabilità. Insomma, pare che anche la Gran Bretagna stia per intraprendere la via olandese. Tutti nazisti?

Non si è fatta attendere la replica dal Vaticano: «La posizione della Chiesa non varia, la vita non appartiene all'uomo ma al Signore», ha ribadito il cardinale Javier Lozano Barragan, presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale della salute. «Non si può togliere la vita, con qualsiasi mezzo diretto o indiretto, a un essere innocente. L'eutanasia non è mai ammessa. E questo vale per i malati terminali e anche per i bambini, anche se nascono con gravi handicap».

L'eutanasia no, il rifiuto dell'accanimento terapeutico sì: «Quando cioè si tratta di un uso di medicinali inutili e sproporzionati che servono a prolungare la dolorosa agonia di una persona che sarebbe ormai vicina alla morte».

Ma non se la possono cavare così a buon mercato. Dovrebbero spiegarci cosa si fa in un caso come quello di Piero Welby: lui potrebbe farsi staccare la spina, perché è accanimento terapeutico, ma poi non potrebbe essere aiutato a morire, perché sarebbe eutanasia. E allora? Lo lascerebbero morire fra atroci sofferenze, l'estrema "prova" del Signore. Fede e ragione.

1 comment:

Anonymous said...

Jim, non fare il "furbetto". Welby vuole che gli stacchino la spina. Vuole morire. Che ne sappiamo di un neonato o di un bambino? Secondo te solo per una grave malformazione non vale la pena di vivere? E chi lo decide? Se uno è grande abbastanza per prendere una decisione su se stesso, è giusto che la legge gli dia la libertà di farlo. Ma che un genitore (o peggio, un giudice) possa decidere di porre fine alla vita di un'altra persona, questo no. Un'ultima domanda: ma un liberale non dovrebbe innanzitutto difendere l'individuo e la SUA libertà?