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Sunday, November 26, 2006

Miti nazional-popolari/2: vecchi in pensione, giovani a lavoro

Uno degli emendamenti del governo alla Finanziaria si chiama «accordo di solidarietà tra generazioni», la cosiddetta staffetta giovani-anziani. Per dare lavoro part-time a un giovane, si riduce l'orario di lavoro di un over-55.

Questa proposta ha dato modo a Tito Boeri di smontare un'altra credenza nazional-popolare molto radicata, che mi sento ripetere, da anni, nelle cene tra amici in cui ci imbattiamo a discutere di pensioni e lavoro: «E' una storia, quella secondo cui per fare posto ai giovani bisogna togliere lavoro agli anziani, in nome della quale si sono, nei decenni passati, varati massicci programmi di pensionamento anticipato», che non hanno mai prodotto l'effetto auspicato. Peggio, «le tasse che ci hanno lasciato in eredità distruggono tantissimi posti di lavoro».
«Qualunque datore di lavoro sa bene che non c'è un numero fisso di posti, che possono essere offerti indipendentemente dal costo del lavoro o dalla congiuntura. Chiunque abbia mai guardato dati disponibili a tutti si sarà reso conto che i Paesi in cui si va in pensione prima sono anche quelli in cui c'è più disoccupazione giovanile: in Italia si va mediamente in pensione a soli 57 anni e abbiamo un tasso di disoccupazione giovanile tra i più alti dell'area Ocse. La disoccupazione tra i giovani è cominciata a scendere da quando l'età di pensionamento ha cominciato lentamente a risalire».
Eppure, il mito resiste: secondo i sondaggi, il 70% degli intervistati tra gli italiani crede che «se le persone più anziane andassero in pensione più tardi, i giovani avrebbero meno opportunità». Falso, è un mito che si fonda sulla logica del posto fisso, che risente di un'idea del lavoro rimasta al modello organizzativo dell'impresa fordista o tayloristica, e dell'ignoranza della complessità dei processi economici attuali.

1 comment:

Ottavio said...

La paura del cambiamento e dell'incertezza credo sia naturale nelle persone.

Pensare di combattere cambiamento ed incertezza semplicemente facendo finta che non esistano è abbastanza sciocco.

L'adattarsi intuendo i cambiamenti e operando in modo che il loro impatto sia più positivo che negativo credo sia la cosa migliore da fare.

Anzichè attaccarsi a vecchie equazioni che hanno più volte dimostrato di essere sbagliate, si dovrebbero togliere le ingessature al mercato del lavoro, si dovrebbe perseguire una vera flessibilità.

Pensare che l'unico modo per ottenere una cosa sia quello di toglierla a qualcun'altro è stata l'idea di fondo di buona parte del mondo nel secolo scorso.
Quelli che hanno abbandonato quest'idea oggi sempre di più cavalcano il cambiamento, a scapito di chi ancora si ostina a tenere la testa sotto la sabbia.