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Thursday, May 15, 2008

Se si pianifica non è globalizzazione

Su il Riformista di oggi appare un commento del tutto condivisibile, nel quale Alberto Mingardi osserva come il forum "Società aperta" Bocconi/Corriere, considerato non a torto uno dei luoghi di elaborazione del pensiero global e liberista, tuttavia riveli anch'esso, indirettamente, le difficoltà della cultura di mercato nel nostro paese.

«Con il mercato, il difficile, il vero salto logico, sta nel comprenderlo prima ancora di accettarlo», avverte Mingardi. «Non è uno "strumento" né una "politica", ma un insieme sterminato e inestricabile di libere interazioni fra individui e imprese». E' realtà, aggiungiamo noi, allo stato puro e dinamico, vita vissuta da ciascun individuo. E la globalizzazione non è che «un'estensione di scala delle relazioni di mercato», consentita dalla tecnologia e dalle comunicazioni.

«La globalizzazione è un groviglio di scambi, non un'agenda di riforme» e per questo Mingardi, come noi, è rimasto basito quando ha letto sul Corriere che «dalla globalizzazione non si torna indietro, ma va pianificata e regolata». Ma la globalizzazione nasce come prospettiva proprio quando tramonta come ipotesi realistica e sostenibile la presunzione di poter pianificare le economie, di qualsiasi scala.
«La pianificazione fallisce per la sua "presunzione fatale". Nessuno può, dal centro, conoscere la realtà particolare e locale della vita economica, tanto bene quanto chi la affronta in prima persona».
Nei «globalizzatori che vogliono pianificare il mondo» Mingardi intravede qualcosa d'altro: «l'antica malattia degli intellettuali».
«Il pianificatore è l'erede moderno del filosofo re. Non vorremmo che la risposta ai protezionisti stesse in una variazione tecnocratica sul tema del paternalismo. Perché la lotta fra chi promette agli elettori "protezione" dei loro interessi immediati, e chi si nomina aruspice dei loro interessi futuri, vede un solo sconfitto sicuro: la libertà».

2 comments:

Azimut72 said...

Belle parole...ma veniamo alla realtà.

Esempio.

Il mercato dell'energia deve essere liberalizzato.
Ma con la Russia in queste condizioni è ragionevole fare lo spezzatino dell'Eni?

La teoria è una cosa, la pratica politica è un'altra.

Si può (direi si deve) essere liberisti modulando allo stesso tempo le decisioni in funzione degli impatti che possono avere sull'ambiente e la società.

Anonymous said...

La globalizzazione contribuisce a permettere alle citta' di sviluppare il processo di rimpiazzo di importazioni da cui nasce la ricchezza delle citta'.

Bologna e' riuscita a farlo:
http://janejacobs.wordpress.com/2008/05/13/made-in-bologna/

Genova, nonostante il suo glorioso passato, non ce l'ha fatta:
http://janejacobs.wordpress.com/2008/04/29/genova-la-lunga-umiliazione-della-superba/