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Wednesday, April 18, 2007

Le mani dei tre oligarchi su Telecom

La famigghia è entrata in azione. I fratelli sono tre: Prodi, D'Alema e Berlusconi. Così anche l'opposizione ha un motivo per restare sorda, cieca e muta.

Dopo la spagnola Telefonica, la politica italiana è riuscita a far fuori anche l'americana AT&T. «Farli scappare uno alla volta per giocare al ribasso non funziona. I contatti andranno avanti con America Movil. Pirelli è solida e può aspettare altre offerte. Venderà solo al giusto prezzo», avverte però Tronchetti. Non sarà facile. Sarà un lungo braccio di ferro, e senza esclusione di colpi da parte di chi cerca di comprare in saldo, con le spalle coperte dalla politica che elimina i concorrenti.

Un'economia «irizzata» la definisce Nicola Porro, su il Giornale:
«Siamo un Paese in cui il governo si loda della liberalizzazione delle aspirine, ma non perde occasione per chiudere il mercato dei capitali, come bene notano pochi radicali e liberali a destra e sinistra. E con questo stile untuoso: mezze frasi, comparsate televisive che evocano normative di urgenza e cambio delle regole in corso di partita».
Un altro pesante avvertimento è giunto da Montezemolo: «Il cambiamento delle regole o meglio le regole poco chiare, ancor di più cambiate in corsa, portano inesorabilmente alla perdita di credibilità e a una ulteriore riduzione delle possibilità di investimenti stranieri in Italia che non sono mai stati così basse come oggi».

Mai bassi come oggi di certo gli investimenti americani. E' l'altra batosta, che arriva dall'ambasciatore americano in Italia, Ronald Spogli: «Il livello di investimenti americani in Italia è basso rispetto a Germania, Francia e Spagna. Ciò è dovuto a diversi motivi, uno dei quali è non capire esattamente se le regole siano uguali per tutti».

Il ritiro di AT&T, ha spiegato l'ambasciatore, dimostra «una grandissima differenza tra Italia e Usa per quanto riguarda il concetto dell'importanza della presenza del governo negli affari dell'economia. Quella americana è una società in cui il governo stabilisce le regole, che in certi settori sono molto importanti e molto dure, però lascia che i settori si sviluppino nella maniera giusta. In Italia c'è una lunga tradizione di una presenza molto più forte del governo negli affari dell'economia». E conclude con parole che suonano come un monito: «Negli anni a venire sarà molto importante per gli italiani determinare se questo è il sistema che loro vogliono per il futuro».

Non è mancata neanche la bacchettata, seppur lieve, da Bruxelles: «Crediamo che il mercato delle telecomunicazioni italiano debba essere aperto a tutte le compagnie del mondo», ha dichiarato il portavoce della commissaria Viviane Reding: «Crediamo che le regole in questo settore debbano portare a un mercato più ampio, a una maggiore proprietà privata nonché a una maggiore concorrenza».

Non solo il fantasma dell'irismo prodiano. La situazione italiana è resa ancor più preoccupante da una fiacchissima opposizione, così subalterna al proprio leader da non riuscire a emettere che qualche gemito per paura che Berlusconi sia davvero interessato a entrare in Telecom. E lo è da sempre. La cosiddetta "soluzione di sistema", infatti, è tutt'altro che una suggestione.

Scappato dalla finestra con il malloppo, è tentato di rientrare dalla porta Telecom, come «salvatore della Patria», nientemeno che Colaninno, il «capitano coraggioso» di D'Alema. Insieme a Mediaset, cui la legge Gasparri non impedirebbe di entrare con una quota minoritaria. Una strana coppia, addirittura lanciata dall'Unità, senza nessuna traccia di riprovazione per il conflitto di interessi berlusconiano (a proposito: e la legge Gentiloni?). Fondamentale la benedizione delle banche: Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Capitalia, che fanno parte del sindacato azionario di Pirelli. Dunque, ci sono proprio tutti a spartirsi la torta: Prodi, Berlusconi e D'Alema.

Come ha scritto Sergio Romano, alla politica interessa l'italianità di Telecom «perché teme, con ragione, che i proprietari stranieri rifiuterebbero di giocare la partita con le regole a cui siamo abituati. Si ridurrebbe drasticamente lo spazio per i salvataggi, la cassa integrazione, i pensionamenti anticipati, i tavoli sindacali con la partecipazione del governo...»

Cos'è, quindi, che induce la politica a sponsorizzare cordate per Telecom? Le regole con cui si gioca la partita non devono cambiare. In questo paese esistono enormi conflitti d'interessi. Due leader come Prodi e D'Alema, oggi al Governo, e un altro dall'opposizione, Berlusconi, approfittano ciascuno della propria posizione per avvantaggiarsi. Al di là delle schermaglie e degli insulti quotidiani tra le due coalizioni, si sta preparando una grande coalizione politico-finanziaria che serve ai tre oligarchi per puntellare le proprie posizioni di potere.

Tutti vogliono che le proprie banche di riferimento mettano le mani su Telecom, perché è un gigantesco esattore fiscale, incomparabilmente più efficiente e affidabile del Ministero delle Finanze. Genera un cash flow (flusso di cassa), cioè una liquidità, imponente. Per le campagne elettorali, e per l'attività politica in generale, è essenziale poter contare su banche amiche che garantiscono liquidità continua.

E' questo uno dei pilastri su cui si poggia quel regime contro cui combattono da decenni i radicali, i quali, tranne pochi, proprio sul più bello si fanno sfuggire sotto il naso il bandolo della matassa.

18 comments:

Anonymous said...

Un tempo avrei pensato tra me e me: "nulla di nuovo sotto il sole. La partitocrazia italica è avulsa dalla società e tutta uguale nel suo affarismo. Ma io ho e sto con la vera ed unica alternativa: i Radicali!"

Oggi come faccio?

E se l'alternativa a Prodi, Berlusconi e D'Alema sono Casini, Veltroni, Montezemolo, Capezzone,...
alla fin fine mi potrebbe venir la voglia di votare uno come Fini, con le cliniche romane, i ministeriali romani, i nostalgici, ecc ecc, ma pure qualche buon passo in avanti come la presa di posizione sul referendum del 2005 e lo schierarsi con Israele...

Non c'è dubbio, in ogni caso: stiamo proprio messi male.

Anonymous said...

Grazie per la conferma.
È esattamente quello che ho sempre pensato dall'inizio della (miserabile) commedia e cioè che Telecom deve rimanere a far parte di quel cospicuo serbatoio di risorse che serve ad alimentare il comune reparto più nebuloso della politica nazionale.

Anonymous said...

Pare che prodi abbia annunciato un provvedimento del governo per favorire gli investimenti stranieri in Italia.
Fonte: StudioAperto delle 12.30

Sa molto di presa per il culo, o sbaglio?

Anonymous said...

Cosa c'entra Berlusconi? Non sarà che per disperazione i radicali devono per forza trovare una qualche giustificazione alla loro rovinosa alleanza elettorale con l'abominevole Prodi?
Ah, le care, vecchie ed eterne passioni umane! Care alla maschia filosofia dell'antica schiatta!

JimMomo said...

Caro Zamax, Berlusconi c'entra eccome. Il ritiro di At&t favorisce il suo ingresso in Telecom, un suo vecchio pallino, e per giunta stavolta in tandem con finanzieri e banche legati a Prodi e a D'Alema.

Se hai la pazienza di informarti, vedrai che il tuo Caro Leader fa parte della cordata che il governo sta cercando di favorire, eliminando i concorrenti stranieri che si presentano. Chiamalo inciucio politico-finanziario, chiamalo come vuoi, ma in questa storia Berlusconi c'è dentro fino al collo.

Tanto che in questi giorni dal centrodestra e da Berlusconi, sedicenti "liberali", non mi sembrano partire le polemiche che un'opposizione degna di questo nome dovrebbe lanciare contro Prodi e il suo dirigismo.

Prodi è sotto attacco. Critiche da Montezemolo, dagli Usa, dalla Commissione europea, ma Berlusconi tace. Strano, non ti pare?

Ma se l'operazione non dovesse concludersi, vedrai che Berlusconi avrà la faccia tosta di tornare a fare il "liberale" del giorno dopo.

Vedi di usarlo il cervello, invece di portarlo all'ammasso.

Anonymous said...

Fatemi capire, dopo 5 anni di sbriciolamento di maroni con la storia del "regime" adesso all'Unità sembra normale che Berlusconi diventi proprietario pure di La 7 ? che meraviglia !!!!!

ciao Paolo :-)

Anonymous said...

ah, dimenticavo, anche di MTV :-)

Anonymous said...

Se fossimo in un Paese normale Mediaset si sarebbe comprata Telecom; avrebbe scorporato e venduto le reti tv di Telecom per evitare sanzioni dall'antitrust; la rete telefonica sarebbe stata scorporata già da anni, così da consentire una vera concorrenza nella telefonia fissa; avrebbe usato l'enorme debito di Telecom per risistemare la sua disastrata struttura finanziaria, risparmiando qualche miliardo di euro di tasse nei prossimi 5 anni; avrebbe (se eventualmente necessario) ceduto i cellulari brasiliani per far cassa; avrebbe fiondato Rete4 su satellite, cavo e digitale terrestre chiudendo il braccio di ferro con le autorità di vigilanza e politiche; come fastweb, avrebbe portato la moderna tv via cavo nelle case degli italiani; si sarebbe alleata con qualche gruppo telefonico straniero per sfruttare le rispettive capacità industriali; i fondi di investimento avrebbero fatto la fila per comprare le azioni del nuovo gruppo.

Questo, se fossimo un Paese normale.
(Certo, forse in quel Paese normale Berlusconi non sarebbe il capo dell'opposizione)

Anonymous said...

Il mercante Thomas Le Gendre (1638-1706) al ministro Jean-Baptiste Colbert (1619-1683), il quale domandava che cosa gli uomini d’affari si attendessero, nel loro interesse, da parte del
governo, rispose così: “laissez-nous faire!”.
La formula è forma abbreviata del motto ottimistico, storicamente attribuibile alla scuola
economica dei fisiocratici, Elaissez faire et laissez passer, le monde va de lui
même" (“lasciate fare e lasciate passare, il mondo va avanti da solo”). Essa venne
definita, da John Stuart Mill, come Non-interference Principle (“principio di non
intervento”).

Anonymous said...

La situazione italiana attuale è talmente distorta ed anomala, talmente bloccata e deprimente a discapito di tutti, tranne che di pochissimi oligarchi autoprivilegiantisi, politici e finanziari, e delle loro clientele, che una sana dose di autentico e radicale, nel senso di estremista, spirito critico di stampo "libertarian" è davvero doverosa.

Condivido moltissimo la lettura di DeMarchi del conflitto tra produttori e burocrati.

Anonymous said...

Alle critiche "disinteressate" di Montezemolo non credo neanche dopo morto; mi sorprende che qualcuno lo faccia. La sua posizione, come quella del Corriere della Sera, è funzionale alle lotte di potere all'interno del sistema oligarghico che blocca ogni evoluzione liberale in Italia. In concreto oggi contro l'asse Prodi-Bazoli.
Se poi Berlusconi veramente si interessa a Telecom lo fa con i soldi suoi. E tanto basta. E poi perché non dovrebbe?

Anonymous said...

La differenza tra Berlusconi da una parte e Prodi e D'Alema dall'altra è che Berlusconi ha soldi suoi da investire. Capisco il conflitto di interessi, ma perché la Mediaset non può fare certi investimenti ed i finanziatori di Prodi sì?(e questo indipendentemente dalle pressioni fatte da Prodi a livello politico)

Quelli che chiami "sedicenti liberali di destra" forse pensano che c'è una differenza tra il "mettere le mani sulla telecom" da imprenditore, investendoci fior di milioni, come farebbe Berlusconi, e farlo sfruttando il proprio ruolo politico, come farebbero gli altri.

D'altra parte si sono già levati gli scudi per escludere Berlusconi dalle cordate di "amici".

Ma il succo di tutta questa storia è un altro: è la dimostrazione (se ce ne fosse stato bisogno) che nel '94 a Berlusconi non serviva "scendere i campo" per "salvare le sue imprese": gli sarebbe bastato andare dai politici e lottizzare le tv. Se gli chiedono di far affari con loro ora che sono avversari politici, figuriamoci quando era un imprenditore neutrale!!!

Anonymous said...

"People should not be afraid of their governments. Governments should be afraid of their people."
Thomas Jefferson

Anonymous said...

per Jim:http://www.unisi.it/ricerca/dip
/gips/document/monografie/
mon_02.pdf

JimMomo said...

"c'è una differenza tra il mettere le mani sulla telecom da imprenditore, investendoci fior di milioni, come farebbe Berlusconi, e farlo sfruttando il proprio ruolo politico, come farebbero gli altri"

Certo, metterci le mani non perché si è fatta un'offerta più alta di At&t, ma perché il governo a cui in teoria ci si dovrebbe opporre ha fatto fuori i concorrenti e ci invita a partecipare a una cordata insieme ai suoi amici. Qualcosa non mi torna.

Questo non vuol dire forse sfruttare il proprio ruolo politico, anche se all'opposizione?

E la chiudo qui, che è abbastanza.

Anonymous said...

Insomma la colpa di Berlusconi è quella di non aver attaccato i suoi compagni di cordata, rei di aver fatto dichiarazioni ostili contro i suoi concorrenti...

La destra tendenzialmente dovrebbe essere più nazionalista: lo dimostra il fatto che anche nei 5 anni di governo Berlusconi ci siano state posizioni a difesa dell'italianità delle banche.

Se sulla questione dell'italianità delle grandi imprese Berlusconi fosse nazionalista, allora lo si può accusare di non essere liberale su questo punto, ma il suo silenzio sarebbe coerente con le sue idee.

Se invece fosse liberale su questo punto e stesse zitto per motivi di convenienza allora saremmo di fronte ad una specie di conflitto di interessi: per interessi economici il leader dell'opposizione non denuncia quello che è già scritto su tutti i giornali. Bene. Che gli facciamo? Gli togliamo le imprese o gli incarichi politici?
Trovo comunque assurdo che anche nel caso Telecom si finisca di parlare di conflitto di interessi di Berlusconi.

Piuttosto sarebbe interessante vedere che succede se Berlusconi facesse una cordata con l'AT&T.

Ciao,
Gionata Pacor

JimMomo said...

Gionata, qui il conflitto di interessi riguarda tutti. ha sempre riguardato tutti e l'ho sempre detto, soprattutto dopo Unipol.

Da un punto di vista liberale, non mi scandalizzo. Ma quando per perseguire i propri interessi governo e opposizione - ormai è chiaro, all'unisono - interferiscono con il mercato, per il liberale qualche problema si pone.

La CdL al governo ha avuto un comportamento contraddittorio. Tremonti ha cacciato Fazio perché difendeva l'italianità a vantaggio delle banche sue amiche, ma poi il governo non ha privatizzato per paura degli stranieri.

Insomma, il comportamento di Berlusconi e del centrodestra italiano, ancora una volta, si conferma non liberale, neanche in economia.

Berlusconi sarebbe stato attaccato se avesse concorso insieme con AT&T, ma se insieme a Colaninno ci fosse stato De Benedetti, o qualche altro amico della sinistra, oggi il centrodestra sarebbe insorto contro il Governo Prodi e avremmo avuto dibattiti parlamentari, trasmissioni televisive, eccetera....

ciao

Anonymous said...

A me sembra che Berlusconi abbia risposto in modo liberale, ossia con un'operazione di mercato, alle parole della politica: in sostanza ha detto che se si vuole che la telecom resti italiana bisogna metterci dei soldi, e che lui è disposto a mettere la sua parte.

Si può dire che non ha voluto iniziare a trattare un affare facendo polemiche con i suoi potenziali futuri soci.

Intanto sembra che l'offerta sia salita dai 2,8€ per azione di AT&T ai 3€ per azione degli spagnoli.

Un mio amico ieri mi consigliava di comprare telecom... guarda che aveva ragione! Peccato che non ho soldi.

Ciao,
Gionata