Oltre 5 mila esecuzioni nel 2005, di cui 60 nei soli Stati Uniti, 90 in Arabia Saudita, oltre 70 in Corea del Sud e 5 mila in Cina: cifre che «meritano il prezzo di una battaglia autentica», come scrive oggi Meneghini su Europa, ma che autorizzano a chiedersi come mai altre «battaglie autentiche», per salvare la vita e il futuro a milioni di persone, dal Darfur all'Iraq, dall'Afghanistan all'Iran e all'intero Medio Oriente, non vengano combattute. Nessuna marcia per la democrazia e contro il terrorismo, per gli afghani, per gli iracheni, per gli iraniani. Non viene organizzata e se anche lo fosse, dai soliti radicali, non vedremmo vip e sindaci, ministri e giornalisti accorrere per mettersi in posa.
Anzi, Meneghini suggerisce al governo (che sta facendo «benissimo», per carità, non sembri una critica!) di provocare scontri politici non sulla democrazia e sul rispetto dei diritti umani, ma sulla pena di morte. E non con la Cina (5 mila vittime ufficiali l'anno), ma con gli Stati Uniti: «Alla politica italiana (senza nulla togliere all'operato del governo in sede Ue e Onu, che procede benissimo) potrebbe giovare aprire qualche autentico incidente diplomatico con qualcuno di questi nostri ottimi partner commerciali e politici, ponendo apertamente il tema della loro inciviltà giuridica. Uno scandalo che oltrepassa i confini, non può essere accettato come prerogativa nazionale. La famosa opinione pubblica distante e diffidente capirebbe meglio un gesto del genere, crediamo, del finto litigio intorno ai confini di una base militare».
L'assenza di democrazia può invece essere accattata come «prerogativa nazionale»? E lo sfascio della giustizia italiana, l'assenza di stato di diritto, possono essere accettate come nostre «prerogative nazionali»? Pare di sì, se separazione delle carriere, obbligatorietà dell'azione penale, responsabilità civile dei magistrati, riforma del Csm, inappellabilità delle sentenze di assoluzione, non interessano a nessuno, né tanto meno a Europa e ai suoi referenti in Parlamento.
Sono queste assurdità che mi fanno preferire a quello italiano un sistema giudiziario in cui si rischia anche la pena di morte, ma in cui sono garantiti la terzietà del giudice, i poteri della difesa, l'inappellabilità delle sentenze di assoluzione, la certezza del diritto. Insomma, un sistema che funziona nel rispetto dello stato di diritto.
1 comment:
Bellissimo pezzo!
Ancora più bello quello su notizie radicali.
Buona Pasqua.
Panther
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