Un altro giorno per essere tutti più buoni: la Pasqua. E come a Natale i radicali si offrono di scattare al governo una bella fotografia. Mettetevi tutti in posa! ... Click. La posa di proporre all'Onu una moratoria universale sulla pena di morte. Ma una posa, appunto, solo la posa, perché a farlo per davvero non sembrano intenzionati.
Prodi non mancherà di sfruttare fino in fondo la nuova operazione d'immagine, come ha già fatto a Natale, sulla pelle di un Pannella consenziente, dal 21 marzo in sciopero della fame. La passerella è pronta, dal Campidoglio a piazza San Pietro passando per il Quirinale. Una vetrinetta mediatica regalata a vip di seconda o terza linea bisognosi di visibilità e ai sindaci, al Caro Sindaco, e ai "Buoni" di regime, mentre dal punto di vista politico l'iniziativa sembra giunta a un binario morto.
Sulla moratoria la strategia di Prodi e D'Alema, come dei governi precedenti, non è mai mutata. Non è mutata dopo la mobilitazione per Saddam Hussein e il costosissimo sciopero della sete di Pannella, come probabilmente non muterà trascorso il giorno della Pasqua: non muoversi se non con l'unanimità - piuttosto improbabile - dell'Unione europea.
Quel consenso unanime oggi non esiste, come non è mai esistito negli ultimi dieci anni. E dopo la vicenda Mastrogiacomo non è che in importanti capitali europee, come Londra e Berlino, o a Washington, brilli un qualche particolare apprezzamento per il nostro governo. Dunque, continuare a mettere davanti, come paravento, l'agire di concerto con l'Unione europea, come se fosse un principio inderogabile, ha l'unico effetto, consapevole, di indebolire le prospettive di successo della campagna.
Da dicembre ad oggi la moratoria sarebbe stata l'impegno «prioritario», così lo ha definito Vernetti, del Governo, che però non è riuscito a smuovere di un centimetro la posizione dell'Ue, contraria alla presentazione di una risoluzione come lo era a dicembre. C'è l'ostruzionismo di alcuni paesi europei, in particolare Danimarca e Olanda, mai affrontato e denunciato apertamente, bensì accettato in silenzio. In questi quattro mesi il numero dei firmatari sulla dichiarazione - non la risoluzione, ma quel documento meramente simbolico contro la pena di morte su cui si è finora impegnato il governo - si è ampliato di soli tre paesi.
Oggi Prodi ha espresso la sua convinta adesione alla marcia, che però ha una precisa piattaforma politica, un obiettivo unico: la presentazione di una risoluzione per la moratoria all'Assemblea generale dell'Onu attualmente in corso. Ci chiediamo se ne sia consapevole e se intenda comportarsi di conseguenza, oltre a mettersi in posa per la fotografia con i "buoni". Intendiamoci. Non ho alcun problema a marciare anche con chi è più lontano da me. Però bisogna essere onesti sull'obiettivo.
Il 23 aprile D'Alema parteciperà a una riunione dei ministri degli Esteri e conosceremo le reali intenzioni e l'effettiva determinazione del governo.
Nel caso si procedesse, i numeri ci sono, assicura Sergio D'Elia: «Se il Governo decide di perdere questa occasione non lo fa per il timore di non vincere, ma perché non vuole combattere». Secondo le sue previsioni, su 192 paesi membri dell'Onu, la risoluzione otterrebbe il sì da un minimo di 99 a un massimo di 106 paesi. Dai 17 ai 24 paesi si asterrebbero, mentre i contrari sarebbero tra i 61 e i 68. Insomma, una «battaglia vinta in partenza», azzarda, prendendosi una responsabilità non irrilevante.
I manifestanti giungeranno a piazza San Pietro in tempo per l'Angelus pasquale, cercando di strappare al Papa qualche parolina da appendersi al petto come una medaglietta. Credo che farò una deviazione insieme a Malvino.
Tra le altre cose, una in particolare mi fa sorridere. Si richiama il Governo agli impegni presi con il Parlamento. La mozione per portare la moratoria all'Onu, votata all'unanimità, sarebbe «impegnativa», vincolante. Nient'affatto. Non c'è alcun obbligo costituzionale. L'unico strumento nella mani del Parlamento per sanzionare il mancato rispetto della sua volontà da parte del governo è la sfiducia, ma dubito che qualcuno sarebbe intenzionato a ricorrervi se all'Onu non venisse presentata alcuna risoluzione.
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