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Tuesday, April 10, 2007

Telecom, attenzione ai borseggiatori di reti

La famigerata banda Bassotti... il modello inglese è un'altra cosa

Non mollano. Intesa Sanpaolo e Mediobanca si muovono: sono «in corso contatti con più parti a vario titolo interessate all'eventuale operazione». At&t-Movil potrebbe lasciargli qualche briciola. Unicredit, Generali e Capitalia si chiamano fuori.

Chi invece non intende rimanere «indifferente» è il ministro delle Comunicazioni Gentiloni. Frenetiche le manovre della politica per intralciare i piani dello "straniero". Gentiloni rilascia una paradossale intervista al Corriere, nella quale prima auspica che una soluzione venga «dalle forze di mercato», poi però chiama in causa «interessi di carattere generale» da tutelare che costringono il governo a intervenire. Quali sarebbero? L'«unitarietà dell'azienda», i suoi 84 mila dipendenti, le sue funzioni di ricerca e innovazione... Insomma, cosa rimanga nelle prerogative del proprietario non è chiaro, ma è chiaro che cultura del mercato e della libera impresa latitano anche tra gli esponenti cosiddetti "riformisti" del governo.

Dopo dieci anni di gestione discutibile e di monopolio della rete, improvvisamente - guarda caso dopo l'offerta del colosso americano At&t («Ho sostenuto che il destino di Telecom Italia fosse un problema per il governo un minuto dopo la notizia delle trattative con gli americani e i messicani», ammette Gentiloni) - garantire l'accesso alla rete a tutti gli operatori diviene una priorità improrogabile: «Credo che la vicenda sia l'occasione per affrontare finalmente il tema». Meglio tardi che mai.

Constatato che la statalizzazione è «categoricamente da escludere», Gentiloni pensa al "modello inglese". Ottimo, ma sentiamo. «La rete resta di proprietà di Telecom, chiunque siano gli azionisti», si dice, ma al tempo stesso si parla di «scorporo», di «rafforzare il ruolo dell'Autorità delle Comunicazioni come regolatore», di una legge, o addirittura di un decreto e di un emendamento alla riforma Bersani.

Si parla a vanvera, o qualcuno ci marcia di brutto. Sarebbe un «esproprio», come osserva Daniele Capezzone, che in un'intervista a Radio Radicale ricorda come il modello inglese sia il frutto non di una legge o di un decreto, ma di un'intesa negoziale arrivata dopo oltre un anno di trattative tra British Telecom e l'Autorità britannica Ofcom. E prevede non lo «scorporo», ma una separazione funzionale.

«Bufale!», denuncia anche Oscar Giannino, su Libero, «usano lo scudo della soluzione inglese per tentare di spacciare tutt'altra cosa».

Un decreto legge? «Tutti coloro che hanno anche solo una minima idea di che cosa si stia parlando, non possono che fare un salto dalla sedia». Tutti quelli che parlano di scorporo «mentono o sono dei somari». «In nessun modo e in nessun caso Openreach ha costituito uno scorporo della rete fissa dalla società madre. Openreach è semplicemente una divisione funzionale di BT, che continua ad averne piena proprietà e a registrarne nelle quotazioni del proprio titolo il valore scontato dal mercato».

Alla definizione delle condizioni di accesso alla rete da parte dei gestori concorrenti, dei parametri di redditività, non si è giunti per legge, ma attraverso un'intesa alla quale si è reso disponibile un privato, British Telecom, dopo ben 14 mesi di intensa trattativa con la Ofcom.

«Chiarito questo, è ovvio che un governo che intervenisse sulla rete Telecom per decreto legge o per disegno di legge, non volgerebbe affatto il proprio sguardo al modello britannico. Bensì a quello sovietico, o, se preferite, a quello del bolivarismo sudamericano alla Chavez e Morales. Sarebbe una violazione patente e clamorosa della proprietà privata...», conclude Giannino.

Franco Debenedetti, sul Sole 24 Ore, osserva che «perché si sviluppino imprenditori e imprese, sono essenziali il rispetto dei contratti e del diritto di proprietà: e invece il Governo straccia contratti, limita il diritto di vendere il proprio bene, minaccia espropri».

Invece di rafforzare le Autorità, invade il campo, perfino stabilendo i prezzi. «Invece di contrastare il costruttivismo giuridico, lo si diffonde: per la separazione della rete, costretti ad accettare un modello non giacobino, lo si stravolge, trasformandolo, da contratto liberamente discusso e sottoscritto, in norma di legge (magari per decreto)».

La reazione del presidente del Consiglio Prodi è «contraddittoria»: perché «è proprio la pervasiva presenza della politica nell'economia a scoraggiare le energie migliori dell'imprenditoria a esprimersi e a osare. Bisognerebbe che il credito fosse erogato in base ai meriti e non alle relazioni: succede il contrario quando si usa la moral suasion per incoraggiare banche, certe banche, a fare a prezzo più caro operazioni che avevano giudicato non interessanti a prezzi inferiori».

1 comment:

Anonymous said...

Nulla di nuovo sotto il sole dell'avvenire....
Almeno fosse vero che per loro conta l'interesse generale, cioè quello della comunità, o del gregge che dir si voglia (a proposito il novello PD nasce proprio unendo il gregge con la comunità, wow!)...
D'altronde si sa, la coscienza di classe o di gregge è uno stadio evolutivo inferiore rispetto alla coscienza individuale...
non ci si meravigli se si accolgono le comunità extraeuropee invece degli individui...
con una mentalità siffatta non è possibile far altro...

P.S.
Tanto per scendere nel localismo: qua in Toscana per risolvere il problema delle case stanno pensando di trovare denaro usando il ricalcolo degli estimi catastali comunali... cioè un aumento delle tasse, tanto per cambiare, con un grande sforzo di creatività economica...