Dall'altra parte si profila un primo e annunciatissimo fallimento. Invece di passare di mano la patata bollente, Berlusconi ha voluto usare la vicenda Alitalia in campagna elettorale, impegnandosi a far fallire - complici i sindacati - la trattativa con Air France. Il risultato è che di sbocchi e di partner industriali esteri nemmeno l'ombra e che il piano allo studio dell'advisor nominato dal governo, Banca Intesa, prevederebbe oltre 4 mila esuberi (il doppio di quanto prevedeva il piano di Air France respinto dai sindacati), una legge ad hoc che permetta il commissariamento della società senza comprometterne l'attività e un partner industriale fragilissimo come AirOne, che sancirebbe definitivamente il carattere regionale, se non nazionale (e monopolista nella tratta Milano-Roma) della compagnia.
Sul fronte dell'opposizione, proprio il tema che più di ogni altro avrebbe dovuto segnare il passaggio ad una «nuova stagione» di reciproco riconoscimento con l'attuale maggioranza, cioè la giustizia e i guai giudiziari che investono il premier, diventa invece il terreno del ritorno al passato di Veltroni, sancito e proclamato dalle colonne di Repubblica. Il Pd si trova costretto a inseguire Di Pietro, sciaguratamente imbarcato come alleato, e a offrire di nuovo sponde politiche alla magistratura politicizzata.
Per Veltroni la giustizia italiana non è un'anomalia che ha avvelenato il clima politico degli ultimi 15 anni, ma un'«urgenza» personale del solo Berlusconi che vuole sottrarsi ai processi. Dunque, ecco servito il ritorno al passato: l'anomalia è Berlusconi. Pretendere che l'immunità per le alte cariche dello Stato debba «scattare dalla prossima legislatura» vuol dire che non deve riguardare Berlusconi e, quindi, offrire una sponda politica a quei giudici che vogliono scalzare il premier da Palazzo Chigi per via giudiziaria.
I sondaggi danno ragione a Di Pietro (l'IdV a giugno passerebbe dal 4,4% al 7,4%), perché tra gli elettori di sinistra gli antiberlusconiani e i giustizialisti sono pur sempre quantificabili in un 10/15% dell'elettorato. Ma quella giustizialista, su cui il Pd pare si stia facendo schiacciare, rimane una linea minoritaria nel Paese, quindi dannosa per un partito che si dice a «vocazione maggioritaria». Purtroppo, ancora nessun leader del Pd ha finora voluto combattere una battaglia culturale per estirpare il giustizialismo dalla cultura politica della sinistra.
C'è ancora, nel Pd, la voce di qualche liberale, come quella di Antonio Polito, che dopo aver dato lezione di diritto pubblico comparato a Scalfari-Barbapapà, conclude così il suo editoriale di oggi:
«Il nostro stato di diritto non deve stare tanto male se l'uomo più potente d'Italia è già stato sottoposto a sedici procedimenti. E il pericolo maggiore per la democrazia italiana è piuttosto questa maledizione per cui da quindici anni votiamo, cambiamo sempre governo, e non cambia mai niente. Aspettate che gli italiani si convincano che il loro voto è inutile, e allora sì che ne vedremo delle belle. Scalfari pensa che Berlusconi sia il problema della democrazia italiana. Io penso che sia un problema, irrisolvibile se prima non se ne risolvono molti altri. Primo dei quali è garantire al paese il diritto di essere governato, bene o male, secondo il mandato elettorale; cosa che il centrosinistra non è riuscito a fare e unica ragione per cui è tornato l'odiato Caimano. Solo il voto popolare toglierà Berlusconi dal cielo della vita pubblica italiana. Smettetela di illudere i vostri lettori e i vostri elettori che possa farlo un qualsiasi pm, solo perché voi ne siete incapaci».
2 comments:
Secondo voi è più facile mobilitare l'elettorato di centrosinistra (soprattutto sinistra) parlando di regime e di Berlusconi puzzone dittatore oppure raccontando durante i Festival dell'Unità agli operai e agli insegnanti che per avere un futuro bisogna puntare su libertà d'impresa e mercato ?
Senz'altro la prima, ma così è sconfitta certa per i prossimi vent'anni e la destra non sarà spronata a migliorarsi da un'alternativa credibile.
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