Sul suo "lato B" Malvino ha postato «riflessioni su un incontro tra due capi di stato». I due sono Bush e Berlusconi, che si sono visti oggi pomeriggio. Il post è un bilancio-analisi di questi sette anni di risposta al terrorismo, dopo l'11 settembre. Malvino non è un pacifista, quindi non aspettatevi "quel" tipo di post. Anzi, fosse stato per lui su certe capitali islamiche sarebbero cadute «bombe nucleari a basso potenziale», con preavviso per permettere ai civili di mettersi in salvo.
Il discorso, che ha una sua coerenza interna, giunge a delle conclusioni che non mi pare trovino riscontro nella realtà, finendo per smentire le premesse e gli assunti su cui poggia.
Se certi errori che l'occidente avrebbe commesso nella sua risposta al fondamentalismo islamico avrebbero dovuto trasformare «un'operazione di polizia internazionale antiterroristica» in «una guerra di trincea da occidente giudaico-cristiano e mondo islamico in toto»; se quei supposti errori avrebbero dovuto «fare il gioco» dei jihadisti, offrire loro «un argomento in favore della loro tesi propagandistica sulle mire colonialistiche dell'occidente», dare «corpo al fantasma della crociata» e della «colonizzazione politico-culturale», allora bisogna concludere che quegli errori non siano stati commessi, oppure che non abbiano provocato gli effetti di cui parla Malvino.
L'occidente giudaico-cristiano e il mondo islamico «in toto» sono forse in guerra? E' in corso, o forse è alle porte, uno «scontro di civiltà», cioè tra civiltà? Non mi sembra. Dunque, quella che Malvino definisce «la risposta meno efficace di tutte» - cioè «una ripresa di quei valori religiosi che in occidente hanno concepito e ancora concepiscono la globalizzazione come affermazione di una verità assoluta» - non è stata in realtà la risposta dell'occidente.
Tutt'al più, è la risposta che hanno caldeggiato alcuni circoli intellettuali, minoritari negli Usa, quasi inesistenti in Europa, rappresentati in Italia da Il Foglio di Ferrara e da Marcello Pera, e ormai anche qui da noi in riflusso. E' come se Malvino avesse proiettato queste suggestioni sulla politica estera americana, che ne è assolutamente priva. E' in ogni caso impensabile far coincidere le risposte di Bush e Berlusconi con «la risposta dell'occidente», come se questo si esaurisse nella nostra Italietta e nei pur potenti Usa.
Ma anche ammettendo che la politica statunitente potesse rappresentare la risposta dell'occidente, secondo Malvino la «più grande puttanata» fatta da Bush sarebbe stata quella di far «intendere, salvo rettifiche non sempre convincenti, che tutto l'occidente reputasse violento il fondamento dell'islam».
Ma non è affatto così. «Violento il fondamento dell'islam» lo crede, semmai, Papa Benedetto XVI, o almeno così sembrerebbe dalla lezione di Ratisbona e dal dialogo riportato da Padre Fessio in una puntata dello Hugh Hewitt Show, ma è l'esatto contrario di quanto in questi anni si è sforzato di comunicare Bush in persona, la sua amministrazione, e di certo tutti i governi occidentali, che con quasi tutti gli stati islamici, e tutti i cittadini islamici che vivono e lavorano onestamente nei loro paesi, hanno continuato ad avere rapporti più che cordiali. Più volte il presidente Usa ha definito l'islam una «religione di pace» e blasfemi coloro che in nome di Allah procurano morte.
Nei discorsi di politica estera di Bush e nei documenti dell'amministrazione Usa non mi pare di aver mai incontrato espressioni o riferimenti ai «valori giudaico-cristiani» di cui la democrazia esportata secondo Malvino sarebbe stata informata.
Cosa avranno pensato i "resistenti", cioè i jihadisti, non dovrebbe interessarci, dal momento che non solo le masse arabo-islamiche, ma neanche le popolazioni dell'Afghanistan e dell'Iraq si sono unite alla jihad, come veniva profetizzato prima degli attacchi a quei regimi e come si temeva, in conseguenza della risposta dell'America e di Bush all'indomani dell'11 settembre. La generale crescita dell'impopolarità nei confronti degli Usa non ha ingrossato le file dei jihadisti. Anzi, pare che stiano progressivamente perdendo appeal presso le popolazioni islamiche e attualmente lo scontro tra occidente e fondamentalismo islamico stia rientrando in una cornice di confronto ideologico tra stati, in particolare l'Iran, con Al Qaeda sempre minacciosa ma in secondo piano.
Alcuni successi dei fondamentalismi islamici in Medio Oriente, soprattutto in Libano e nei territori palestinesi, vanno attribuiti al supporto vitale, militare e politico, che giunge loro da Iran e Siria, non a una reazione di popolo contro gli americani e l'occidente. I regimi arabi "moderati" hanno retto. Arabia Saudita ed Egitto non sono caduti nelle mani di Al Qaeda. Laddove si svolgono elezioni, per lo più irregolari, i consensi di cui godono gli integralisti si devono all'impopolarità di regimi dittatoriali corrotti e incapaci di far uscire questi paesi dal sottosviluppo.
Parlare di «oligarchie ben organizzate» è un modo per dire che la democrazia esportata in Afghanistan e Iraq è largamente imperfetta? Ci sta, ma attenzione. Se si guarda al processo democratico a valle, con lo sguardo rivolto al dopo elezioni, le democrazie mature possono apparire anch'esse, in definitiva, delle «oligarchie ben organizzate».
Secondo Malvino, «l'ingerenza petulante o arrogante di autorità confessionali nella politica e nell'economia degli stati occidentali pare dover acquistare un peso duraturo». A me pare, invece, che proietta su tutti gli «stati occidentali» un fenomeno che, semmai, rimane circoscritto all'Italia. L'occidente avrebbe colto risultati in Afghanistan e in Iraq «a prezzo della messa in discussione dei principi di laicità dello stato in Europa e in America, a prezzo dell'occupazione della sfera pubblica da parte di chi avanza la pretesa del riconoscimento della sua verità come verità valida per tutti»? Anche qui: il «dazio» casomai lo sta pagando l'Italia, ma non vedo come abbia attinenza con l'esportazione della democrazia.
Se gli Stati Uniti hanno l'ambizione di esportare la democrazia, non subiscono però l'ingerenza di autorità confessionali nella politica, mentre diritti civili e libertà di autodeterminazione avanzano. Se la politica italiana, al contrario, subisce l'influenza della Chiesa cattolica ed è ferma sui diritti civili e le libertà in generale, non mi pare che abbia avuto un ruolo, se non marginale, nell'esportazione della democrazia.
Negli Stati Uniti, osserva Malvino, rimane «salda la distinzione tra governo e chiesa», ma non quella «tra politica e religione». Ma è proprio in ragione della rigida separazione tra stato e chiese, che negli Usa la religione ha sempre potuto giocare un ruolo nella politica, nel bene e nel male. Non è certo questo un aspetto della realtà americana che può essere attribuito a Bush. Dalle bocche di Bush e Berlusconi la parola liberalismo «è scomparsa, al massimo rimane la parola liberismo», ma neanche quella? Può darsi, ma Veltroni e Obama sono più liberali e liberisti? Se neanche loro lo sono, il discorso da fare sarebbe un altro, e dovrebbe riguardare Italia e Usa nel loro insieme.
Il «ritorno del fenomeno religioso nel sociale» è del tutto discutibile. Anzi, suona come una concessione fin troppo generosa, che rischia di riconoscere alla Chiesa un'influenza sulla società ben maggiore di quella reale. Se negli Stati Uniti il fenomeno religioso è stato sempre ben presente nel «sociale», in Europa e persino in Italia esso appare in ritirata. Semmai, e solo in Italia, assistiamo a una Chiesa cattolica che ormai da oltre un decennio assume direttamente l'onere di contrastare il secolarismo e il relativismo, ottenendo però più successi a livello politico e istituzionale, a causa dei noti problemi del nostro sistema politico, che non a livello sociale.
Bisognerebbe a mio avviso fare attenzione a non ingigantire oltre misura, e immeritatamente, i propri "demoni interni" e a non proiettare realtà o minacce a noi vicine su realtà molto distanti da noi e addirittura di livello globale.
1 comment:
Mi chiedevo: ma JimMomo ha forse deciso di diventare santo? Perché non rispondeva mai alle continue frecciate del profeta liberale (un tempo; poi liberaldemocratico, poi ancora liberalsocialista e ora su posizione vagamente progressiste, che voglia ammetterlo o no). Almeno hai risposto a quello citato qui. E in termini perfetti. Mescolare la dottrina neocon - peraltro ormai ampiamente superata dai fatti, secondo me -, le guerre in Afghanistan e Iraq, la sicura mancanza di laicità in Italia e quella, discutibile, degli Usa con quella disinvoltura è come legare la caduta del muoro di Berlino all'avvento in parlamento di Cicciolina e al telefilm "Classe di ferro"
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