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Thursday, September 02, 2010

Berlusconi "piace" anche a Blair, ma va detto sottovoce

Ci viene giustamente spiegato con dovizia di particolari perché Berlusconi piace a Putin e a Gheddafi - e non è certo titolo di merito. Correttezza professionale imporrebbe però ai giornalisti di spiegarci perché Berlusconi piace a Tony Blair, visto che il suo libro di Memorie è uscito ieri ma pare che in pochi abbiano ritenuto di riportare perché l'ex premier britannico «ammira» Silvio. Per qualcuno "piacere" a Tony Blair non sarà titolo di merito - e non mi dilungo a spiegare perché invece per me lo è - esattamente come non lo è piacere a Putin e a Gheddafi, ma intanto riportiamolo con una certa evidenza, per favore. Quella evidenza che certamente la stampa e i siti internet avrebbero dato se Blair avesse scritto male di Berlusconi. M'immagino le prime pagine: "Silvio? Uno che non mantiene le promesse".

A prescindere dal giudizio di ciascuno su Berlusconi (che certamente le promesse chiave fatte agli italiani finora non le ha mantenute), quello di Blair è stato nascosto dai siti e dalla stampa in molti modi, ieri e ancora oggi. C'è chi ha completamente ignorato la notizia, e c'è chi l'ha riportata con un titolo sotto tono, spiegando come Berlusconi sia stato decisivo per l'assegnazione delle Olimpiadi del 2012 a Londra, o titolando invece sul giudizio di Blair su Brown, o sull'Iraq (cercando tra l'altro di accreditare l'immagine distorta di un Blair che in qualche modo si scusa).

Invece, il giudizio di Blair su Berlusconi è interessante perché sembra sfidare due luoghi comuni. Primo, viene descritto non come il politico delle "promesse" ma del "fare". L'ex premier britannico riferisce dell'aiuto offerto da Berlusconi a sostegno della candidatura di Londra ad ospitare le Olimpiadi del 2012: «C'è un'ultima persona - ricorda Blair a pagina 650 - senza la quale non avremmo potuto vincere: Silvio Berlusconi. Nell'agosto precedente (2004) gli avevo fatto visita nella sua casa in Sardegna - racconta - per chiedergli aiuto sulla candidatura. L'Italia era uno dei protagonisti fondamentali. Mi aveva domandato fino a che punto fosse importante per noi ottenere le Olimpiadi. "Molto", gli avevo risposto. "Molto?". "Molto". "Sei mio amico", aveva detto Berlusconi, "Non ti prometto niente, ma vedrò cosa posso fare". Questo comportamento è tipico di Silvio ed è per questo che lo ammiro. Quasi tutti i politici promettono, ma poi non combinano nulla. Lui non aveva promesso, aveva agito».

Secondo, la politica berlusconiana definita sprezzantemente in Italia "del cucù", pare funzionare, a detta di Blair, che approfitta dell'aneddoto per spiegare ai lettori quanto, nella politica internazionale, le relazioni personali tra i leader contino più di chissà quali calcoli. «I rapporti personali contano, questo è ovvio - scrive Blair - ma chi pensa siano elaborati stratagemmi e calcoli matematici a determinare le negoziazioni e i compromessi, sembra ignorarlo. A tutti i livelli, ma soprattutto ai vertici, la politica ruota intorno alle persone. Se un leader ti piace - spiega l'ex premier britannico - cerchi di aiutarlo anche se ciò può andare contro i tuoi interessi. Se non ti piace, non lo aiuti. Se prendi le distanze per motivi politici - per esempio perché, come nel caso di Silvio, c'è più di una controversia sul suo conto - va benissimo, ma non illuderti: a perdere è il tuo Paese. Quel leader non è stupido e sa che non sei disposto a pagare un prezzo per avvicinarti a lui. Credi che non ti serbi rancore? Non so come abbiano votato gli italiani, però...».

Berlusconi viene citato anche a pagina 415, tra i pochi leader europei che sentì al telefono subito dopo gli attentati dell'11 settembre e la cui solidarietà agli Stati Uniti fu «totale», e a pagina 417, laddove Blair ricorda di aver contattato nei giorni successivi gli stessi leader, trovandone alcuni, soprattutto il presidente francese Chirac, più «cauti» rispetto alle reazioni da mettere in atto dopo gli attacchi, mentre Berlusconi si mostrava «determinato come sempre nel suo appoggio agli Stati Uniti». A pagina 429 Blair ricorda le polemiche suscitate dal fatto che per descrivere la lotta contro il terrorismo e per la democrazia, sia Bush che Berlusconi avevano usato la parola «crociata». «Era assolutamente ovvio - scrive Blair - che la stessero usando in senso generico, come ci si potrebbe riferire a una crociata contro le droghe o contro il crimine; ed è un termine di uso comune in politica; ma fu travisato per insinuare che la usassero in riferimento alle antiche Crociate». Gli unici altri due leader politici italiani che ad una prima occhiata ho trovato citati sono Romano Prodi, maltrattato a pagina 626, e Massimo D'Alema, che mi sarei aspettato più citato nel capitolo sul Kosovo, e che invece viene piuttosto snobbato nelle due citazioni alle pagine 271 e 282. Anche queste, ovviamente, del tutto ignorate dalla stampa.

Man mano che vado avanti con la lettura del libro di Blair vi riferirò i passaggi più interessanti.

4 comments:

Stanley said...

da buon antiberlusconiano comincio a preoccuparmi...
ultimi tre post e sono d'accordo con te al 100%
purtroppo o per fortuna debbo a malincuore dare atto che Berlusconi la promessa l'ha mantenuta a Blair.
A Blair ovviamente.
Magari ne riparliamo sul dare i giusti meriti a Cesare (al piccolo Cesare) da parte di noi sinistri
ciao

Cachorro Quente said...

Nell'articolo manca il pezzo in cui si argomenta il perchè rispettare le promesse fatte agli amici, per un politico, sia una cosa buona; e quello in cui si spiega in che modo si possa considerare con accezione positiva, visto quanto successo dopo, la scarsa "cautela" rispetto alle reazioni "da mettere in atto dopo gli attacchi". Lo stesso errore che a Blair è costato tutto (ma lui, almeno, non ha in seguito millantato contrarietà alla guerra in Iraq, prendendosi la responsabilità delle proprie azioni).

Manche anche la parte in cui si spiega perchè questi accenni sottotono (un atto dovuto da parte di un grande statista a un alleato leale) avrebbero meritato maggiore attenzione da parte della stampa.

Il Paroliere said...

Non ho letto il libro ma qui esprimo personalmente tre opinioni:
1. Trovo alquanto disdicevole ed assurdo che un personaggio politico che solo qualche anno fa era un premier che reggeva le sorti del mondo e di milioni di persone si metta a fare la comare su un libro, bocciando e promuovendo come in un registro di classe, raccontando retroscena, criticando gli uomini del suo partito. Qualcuno la chiamerà schiettezza, coraggio, io la chiamo solo "lavaggio di mani e di coscienza". Ed in ogni caso c'è un tempo per tutto e sarebbe stato meglio aspettare tempi più lunghi, piuttosto che farlo adesso, quasi a volersi rilanciare su altre scene (ONU? UE? Medio Oriente?) piuttosto che limitarsi ad una seria autobiografia.
2. Trovo singolare che ci si stupisca...dello stupore. Si sa che per ogni uomo fanno più notizia le cose cattive che quelle buone (forse qualcuno oggi riesce a scollegare Fini dal caso Tulliani? O Prodi dalle conseguenze negative dell'Euro? O lo stesso Cossiga da Moro?). Il vero problema è perchè l'informazione italiana se ne frega altamente dell'opinione internazionale in senso lato, traducendo anche quella solo in un fatto meramente provinciale e partitico? In Italia non c'è la cultura della politica estera, della conoscenza internazionale. Tutti guardano al proprio orticello senza ispirarsi ed imparare, a volte, da quello dei vicini. A meno di non veleggiare sui vergognosi rapporti con Gheddafi che per me resta un dittatore ed un pagliaccio, con chiunque esso tratti.
3. Appoggio a Londra 2012 e “crociata” contro il terrorismo. Mi viene difficile pensare che la prima sia una decisiva mossa di politica internazionale. Quanto alla seconda, inutile dire che gli italiani hanno offerto il loro gravoso sacrificio per la lotta al terrorismo. Non userei termini come crociata, al pari degli islamici esagitati che chiamano “crociati” i nostri soldati. Piuttosto vedendo l’ormai pesante autocritica americana, britannica ed europea sulle modalità di Bush e Blair alla lotta al terrorismo mi chiedo se la posizione italiana sia ancora attuale e forte al di là degli elogi, non del tutto imparziali, di Blair che in fondo elogiando Bush e Berlusconi, non fa altro che elogiare e giustificare sé stesso.

Anonymous said...

"...sia Bush che Berlusconi avevano usato la parola «crociata»"

per poi rimangiarsi tutto con gheddafi
ah, la democrazia da esportare e la lotta contro gli infedeli...che determinazione!

certo che di balle ne sparano 'sti politici