Tony, ci manchi/4 - L'obiettivo della missione
«Molti anni dopo, mentre ancora si combatte, la gente osserva la situazione e si chiede: che cosa è andato storto? Ma forse il punto non è che sia andato storto qualcosa, quanto piuttosto che la natura stessa di questa lotta implica una sua evoluzione in un arco di tempo molto lungo».
«I soldati non vengono uccisi perché combattono per la causa sbagliata, e non necessariamente perché combattono male: vengono uccisi perché il nemico vuole annientarci; perché anche per loro la posta in gioco è alta e perché ritengono che, se resistono abbastanza, noi ci scoraggeremo o verremo a patti in qualche modo ingnominioso, rinunciando ai principi fondamentali per cui combattiamo in cambio di un accordo di pace. Allora riemergeranno più forti, assieme all'ideologia che professano».
«Oggi, anni dopo, la gente ci dice: l'obiettivo della missione non è chiaro, è confuso. Non è vero, e non lo era all'epoca. Per noi, allora, e credo sia vero ancora oggi, non esisteva una distinzione netta tra una campagna per esorcizzare al-Qaeda, o per prevenire la rinascita dei talebani, o per costruire la democrazia, o per impiantare un'economia vera e non una narco-economia. Non sono obiettivi che si escludono a vicenda. Se si permette ai talebani di riemergere, se non si costruisce un'autorità di governo, ci si ritroverà con lo stesso Stato fallito e con le stesse conseguenze. Il problema non è che abbiamo cercato di fare troppo: è che serve un impegno totale e prolungato, sostenuto da risorse e forza di volontà su un periodo molto lungo».
Tony Blair ("A Journey")
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