Tony, ci manchi/1 - Non ha fallito il mercato
«Sono in profondo disaccordo con aspetti importanti della reazione statalista cosiddetta "keynesiana" alla crisi economica; credo che all'estero dovremmo proiettare un senso di forza e determinazione, non di debolezza o esitazione; credo sia arrivato il momento di attuare più riforme governative, non meno...»
«Si è diffusa una mentalità conformista e sorda ai tentativi di metterla in discussione. A grandi linee, è andata così: il "mercato" è andato incontro a un fallimento catastrofico che ha richiesto un salvataggio da parte del "governo" e una reflazione keynesiana per controbilanciare la deflazione. Alla fine del 2008, gli interventi governativi hanno stabilizzato le banche; i sistemi di regolamentazione hanno iniziato a essere rivisti per rimettere in riga i settori finanziari disonesti; la strategia di politica economica ha puntato sull'aumento del deficit. Tutto a un tratto, dal punto di vista politico, lo Stato è tornato in voga... quasi si toccava con mano la Schadenfreude di ampia parte del mondo politico e accademico nel vedere che il "mercato" alla fine era stato messo a nudo e smascherato».
«Tuttavia, dobbiamo, con urgenza, venire a capo della situazione e valutarla in modo più efficace e ponderato. Innanzitutto, non ha fallito il "mercato". Lo ha fatto una parte di un settore... In secondo luogo, anche il governo ha fallito. Ha fallito la vigilanza, hanno fallito i politici, ha fallito la politica monetaria, e il debito è diventato troppo a buon mercato. Ma non è stata una congiura delle banche, quanto la conseguenza del convergere, solo in apparenza positivo, fra politica monetaria indulgente e inflazione bassa. La responsabilità della crisi va attribuita a tutti, e non addossata solo al mercato o addirittura solo alle banche».
«Terzo punto, ha fallito la nostra capacità di comprendere. Non ce ne siamo accorti. Potreste ribattere che avremmo dovuto, ma non è andata così. Inoltre - e si tratta di un punto fondamentale per la nuova direzione che stiamo dando alla regolamentazione - non è che fossimo sprovvisti degli strumenti per prevenire la crisi, semmai l'avessimo vista arrivare. I sistemi di controllo non hanno fallito nel senso che ci mancava il potere di intervento. Se i regolatori avessero detto ai leader che stava per scoppiare una grave crisi, noi non avremmo risposto che non c'era niente da fare finché non fossero stati implementati nuovi controlli. Avremmo agito. Ma non ce lo hanno detto».
«E' assolutamente giusto che lo Stato sia intervenuto... perché non farlo avrebbe significato cecità ideologica e stupidità pratica; il problema, o meglio l'errore, è stato comprare il pacchetto completo composto da spesa in disavanzo, regolamentazione intensiva, criminalizzazione delle banche... Strano a dirsi (o forse, più che strano, prevedibile), la gente se n'è resa conto più di molti politici e di molti osservatori, motivo per cui il previsto scarto a sinistra non si è poi verificato. Le persone capiscono benissimo la differenza fra uno Stato costretto a intervenire per stabilizzare il mercato e un governo che torna in auge col ruolo di principale attore dell'economia».
«Il ruolo del governo è di riportare la situazione in condizioni di stabilità e poi togliersi di mezzo appena è possibile. Alla fine non spetta al governo guidare la ripresa, ma saranno l'industria, il mondo degli affari, la creatività, l'ingegno e lo spirito d'iniziativa delle persone. Se le misure che adotti nel rispondere alla crisi attenuano gli stimoli delle persone, limitano il loro senso imprenditoriale, le rendono incerte sul clima entro cui stanno lavorando, allora la ripresa diventa precaria».
Tony Blair ("A Journey")
1 comment:
a chi Blair, e a chi Fini. Che ci vuoi fare ... Il Presidente della Camera é talmente ottuso, banale e scontato che oggi, a proposito della sacrosanta campagna di informazione sui suoi loschi affari, ha parlato di lapidazione islamica. Inutile dire che se l'adultera iraniana fosse stata condannata a morte per impiccagione, il banaloide allampanato avrebbe parlato di strangolamento mediatico.Ecco, quello che non sorprende e annoia è la scontatezza del personaggio Fini, i suoi riflessi pavloviani, la sua previdibilità,il suo piattume, quelle alzate di voce da retore di serie C ( e poi dicono che é un gran comunicatore ... ma de che ?).Non sorprende che uno così abbia cercato di accasarsi presso il focolare dei Tulliani. Comunque nessuna lapidazione, caro Fini: la tua famiglia é stata tirata in ballo perchè tu hai approfittato del tuo ruolo politico per agevolare i traffici privati dei tuoi famigli, dalle pressioni in RAI alla vicenda Montecarlo, passando pure per le miserande telefonate allo svaporato di Maranello. Sei indegno di stare dove sei,caro Fini,vai a casa. L'unica cosa che hai imparato bene da Berlsconi, non il carisma che non si impara, è il vittimismo "chiagni e fotti". Ma anche lì il Cavaliere ti batte, sei proprio un eterno secondo.
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