Un elegante e dignitoso passaggio delle consegne. Tony Blair, a 54 anni, in un discorso a Trimdon, nel suo collegio elettorale di Sedgefield, nel nord-est dell'Inghilterra, sezione laburista dove l'11 maggio 1994 si era candidato alla guida del partito, ha annunciato che il 27 giugno si ritirerà: «È stato un onore servire questo Paese. Con la mano sul cuore posso dire che ho fatto ciò che mi sembrava giusto per il mio Paese, mi scuso per le volte che ho fallito».
Ci è piaciuto come ha affrontato la sua decisione forse più impopolare, mostrando le caratteristiche essenziali del leader: saper prendere decisioni e assumersene la responsabilità, sapendo anche essere impopolare se crede che sia questo il prezzo politico per non essere antipopolare. Con l'11 settembre 2001 «tutto è cambiato e ho deciso che saremmo rimasti al fianco del nostro alleato di più vecchia data. L'ho fatto perché ci credevo. In Afghanistan e in Iraq, una scelta quest'ultima amaramente controversa. Abbiamo scalzato dal potere Saddam e i suoi figli con relativa facilità, così come i Taliban. Ma da allora le conseguenze, dal terrorismo globale ai suoi sostenitori, sono state dure, incessanti e costose. Per molti non ne è valsa la pena. Ma dobbiamo capire come stanno le cose: i terroristi che ci minacciano qui e in tutto il mondo, non si arrenderanno se noi ci arrendiamo. E' una prova di volontà e di principi. Non possiamo fallire».».
«Prendere decisioni è difficile. Tutti dicono sempre: "Ascolta la gente". Il problema è che non sempre la gente è d'accordo... Quando si governa bisogna saper dare una risposta. Non una risposta qualunque, ma la risposta. Col tempo capisci che mettere il Paese al primo posto non significa fare la cosa giusta secondo il senso comune, o secondo l'opinione prevalente o l'ultimo sondaggio - significa fare ciò che sinceramente credi essere giusto. Capisci che il tuo dovere è agire secondo le tue convinzioni».
Noi crediamo che quello di Blair sia un arrivederci. Sia perché siamo convinti che abbia ancora voglia di giocare un ruolo da leader, sia perché il blairismo ci accompagnerà come bussola politica ancora per molti anni ed è comunque entrato nella storia della Gran Bretagna, dell'Europa, della sinistra e del liberalismo.
Per un bilancio più analitico di ciò che ha rappresentato Blair e il suo New Labour vi rimandiamo a un articolo che comparirà lunedì su LibMagazine.
Per ora, basti la considerazione che in Gran Bretagna la stella politica di Blair è sorta, ha brillato, ed è tramontata nel corso di un decennio. Si ritira alla "giovane" età di 54 anni, mentre in Italia settantenni rincorrono la poltrona di presidente del Consiglio e protagonisti della vita politica del nostro Paese che sono arrivati ben prima di Blair continueranno a esserlo per chissà quanti anni, nonostante spesso alle spalle abbiano solo fallimenti. Ciò ci induce a una riflessione sul sistema istituzionale per la quale vi rimando a lunedì.
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