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Thursday, May 22, 2008

L'accordo di Doha un passo in avanti dei Paesi arabi

Dunque, dopo 18 mesi di ostruzionismo e il "coup de force" della settimana scorsa, Hezbollah ha ottenuto ciò che voleva. Disporrà di un potere di veto in seno al nuovo governo di unità nazionale, che sarà composto in tutto da 30 membri: 16 ministri della maggioranza, 11 dell'opposizione (rispetto ai 6 che aveva) e 3 scelti dal nuovo presidente. Sarà in grado di impedire il raggiungimento del quorum dei 2/3 necessario per l'approvazione di ogni provvedimento. Ciò significa, per esempio, che Hezbollah impedirà al nuovo governo di dare copertura politica e istituzionale al tribunale internazionale voluto dall'Onu per giudicare i responsabili degli omicidi politici degli ultimi anni, a partire da quello dell'ex capo del governo, Rafik Hariri, in cui sono coinvolti i siriani fino ai massimi livelli.

In cambio, Hezbollah ha concesso qualcosa sulla legge elettorale. Nelle imminenti elezioni del 2009 verrà adottata, ma per una sola volta, la legge elettorale del 1960. Beirut verrà suddivisa in tre distretti elettorali. I 19 seggi della capitale saranno così distribuiti: 10 nel distretto di Mazraa, 5 in quello di Ashrafieh e 4 in quello di Bachoura. Queste modifiche soddisfano molte delle richieste del sunnita Saad al-Hariri, leader della coalizione di maggioranza del "14 Marzo", che nelle elezioni del 2005 ottenne tutti i 19 seggi in palio.

Dell'accordo fa parte anche il «divieto di ricorso alle armi o alla violenza per ottenere risultati politici», e una rivendicazione del monopolio dello Stato sulla sicurezza e l'attività militare. Hezbollah garantisce di non usare le sue armi contro le altre fazioni libanesi, ma la questione del disarmo delle milizie sciite, in ottemperanza alle risoluzioni dell'Onu, non è stata affatto risolta, nonostante rimanga il nodo reale. Hezbollah resta "uno stato nello stato" e il Libano continuerà ad avere due eserciti, tra cui il più potente in mano a Hezbollah e comandato da Teheran.

Ma l'accordo di Doha può rappresentare molto di più che una tregua, di cui nessuno può prevedere la durata, nella politica libanese. Può sancire il coinvolgimento diretto dei Paesi arabi nel teatro libanese in funzione anti-iraniana. Serviva il successo diplomatico dell'iniziativa di Doha perché la loro influenza potesse legittimarsi e aumentare. Arabia Saudita, Egitto, Giordania, sembrano decisi a entrare in gioco e a contrapporsi all'"asse" Siria-Iran.

La dichiarazione sulla cui base il comitato ministeriale della Lega araba ha convinto le parti ad avviare i colloqui di Doha assume come cornice la costituzione libanese e gli accordi di Taif, che prevedono lo smantellamento di tutte le milizie armate, come stabiliscono anche le risoluzioni Onu 1559 del 2004 e 1701 del 2006, ancora disapplicate. Ancor più importante, subito dopo l'elezione del presidente e la formazione del governo «saranno inoltre avviati negoziati con la partecipazione della Lega Araba sul consolidamento dell'autorità dello Stato su tutto il territorio libanese e sulle sue relazioni con le varie organizzazioni in Libano».

Oltre che da tutte le parti libanesi in causa, soddisfazione per l'accordo è stata espressa ai massimi livelli da tutti i maggiori attori internazionali coinvolti: Francia, Stati Uniti, Arabia Saudita da una parte; Siria e Iran dall'altra. I loro interessi sono d'un tratto divenuti convergenti? Difficile crederlo. Qualcuno forse non può che fare buon viso a cattivo gioco, oppure ciascuno vede negli accordi spazi di manovra per raggiungere ancora i suoi obiettivi.

1 comment:

Anonymous said...

jim...ma questa è...politica!!!


l'empireo è un'altra cosa...


ideas...


ciao.


io ero tzunami...