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Friday, March 19, 2010

Tremonti meno peggio di Bersani

Il dibattito sulla crisi dell'altro giorno alla Camera ha avuto poca visibilità, soverchiato dai casi giudiziari che ormai monopolizzano l'attenzione dei media e lo scontro politico. Ma il confronto Tremonti-Bersani mi ha ricordato ancora un volta il perché un blog come questo, che non è mai stato tenero con il ministro Tremonti e, anzi, è contro il tremontismo, preferirà sempre Tremonti a Bersani. La fotografia la scatta con estrema precisione uno degli editoriali del Foglio di oggi, in cui si spiega che il segretario del Pd ha sciupato l'occasione, che invocava da mesi, per far conoscere un progetto di politica economica alternativo a quello del governo e le sue proposte concrete per uscire dalla crisi:
«In realtà non era facile. Al di là delle polemiche, la linea concretamente adottata da Giulio Tremonti - mettere le poche risorse disponibili a sostegno della coesione sociale, dagli ammortizzatori e alla sanità - è quella che più corrisponde a una tradizionale visione "di sinistra". Non volendo riconoscere questo dato di fatto, magari per chiederne un perfezionamento e un rafforzamento, Bersani è passato per il sostenitore della spesa facile, che come dimostrano gli esempi greco e spagnolo non va affatto a vantaggio dell'occupazione».
Lo scrivo da tempo: la linea di politica economica di Tremonti può essere definita "di sinistra" perché "socialmente conservativa", il che significa tenerci un modello di welfare arretrato, dispendioso ed inefficiente, una elevata tassazione ed una enorme spesa pubblica improduttiva, oppressiva e fonte di corruzione. Tranne qualche piccolo aggiustamento, è inutile aspettarsi da questo governo (anche se la speranza in un ultimo colpo di coda di Berlusconi è l'ultima a morire) un cambiamento di paradigma, da socialdemocratico a liberale. Lo stesso Brunetta, tanto odiato a sinistra, a ben vedere non sta smantellando le pletoriche strutture statali, sta cercando di farle funzionare, ciò che dovrebbe stare a cuore ad ogni sincero statalista.

Di fronte a una politica economica come questa, il Pd ha due modi per impostare la sua opposizione: o fa inversione e critica l'immobilismo del governo "da destra", cioè da una posizione liberale, oppure lo fa ancora più da sinistra, rischiando di diventare demagogico (Bersani che invoca "vere" manovre e soldi "freschi"). Ma così l'unica differenza che emerge è che il governo persegue una politica di sinistra cautamente riformista e responsabile (cioè per lo meno è attento ai conti pubblici e cerca di far funzionare la macchina statale), mentre il Pd diventa il partito dell'irresponsabile tassa-e-spendi, com'era al governo con Prodi. In termini ancora più brutali, con il primo non si arresta il declino, ma si gestisce, con il secondo acceleriamo verso il baratro. Finché la dialettica rimarrà entro questi paletti, un liberale preferirà sempre Tremonti a Bersani, pur turandosi il naso.

1 comment:

Anonymous said...

Condivido l'analisi. Mi è piaciuto il lavoro che ha fatto Tremonti. Sembra più cauto e maturo di quello che fu nel primo quinquennio Berlusconiano. Ma, forse, la crisi non gli ha lasciato possibilità di scelta.
Comunque, io non sono un Liberale. Anzi, sono un "sincero statalista" e odio le corporazioni.
Antonio