Berlusconi «non ha capito che, una volta al governo, non poteva più funzionare l'antipolitica che aveva funzionato nel '94. Quell'esperienza era stata troppo breve perché gli si potesse chiedere conto dei risultati, e poi c'era stato il lungo periodo dell'opposizione, che ben si accorda con l'antipolitica. Ma dopo tre anni chi ti ha votato pretende fatti». «Ingiusto» dimenticare l'11 settembre e che in Italia è «complicatissimo agire», ma solo
4 esempi importanti:
«Come mai siamo ancora alle prese con la riforma delle pensioni (parlo ovviamente di una seria riforma, non di quella debole e annacquata ora in cantiere), e come mai non è stata fatta nel primo anno, quando la forza del governo era intatta?».
«Come mai non è stata fatta una seria riforma della giustizia? Quella in discussione, a mio avviso, assomiglia a una sentenza suicida: è velleitaria, non risolve i grandi nodi, non attua la separazione delle carriere».
E «la cosiddetta riforma costituzionale, ovvero una buona idea (il rafforzamento del premier) affogata in mezzo a molte sciocchezze (uno «pseudofederalismo confusionario»).
La "deburocratizzazione" non c'è stata, così come non c'è stato il ridimensionamento dei lacci e lacciuoli statalisti, e le corporazioni sono sempre fortissime. Succedeva anche nel centrosinistra, che però non pretendeva di fare la rivoluzione thatcheriana. E' la coalizione di centrodestra ad aver vinto alle politiche del 2001 sull'apertura al mercato e sulla riduzione del ruolo dello Stato».
Né ha giovato al governo la politica degli annunci, perché «un premier dotato di una maggioranza forte, come quella di Berlusconi, non deve fare annunci, ma annunciare le cose già fatte». E ora nella maggioranza «riemergono il vecchio linguaggio, le vecchie formule, le "verifiche" e gli "scambi": «Ma bisogna vedere che cosa si scambia. Un conto è dire: diamo alla Lega un federalismo accettabile, ragioniamo sui suoi costi e garantiamo al paese che siano accettabili: insomma, rendiamo "gradevole" e positiva per il paese questa concessione alla Lega. Altro è dire: facciamo il federalismo comunque».
Gli amici dell'Ulivo. «Se da un punto di vista strettamente numerico il loro risultato non è cattivo, tenuto conto del fatto che è stato ottenuto in un sistema elettorale proporzionale, sono andati male da un punto di vista politico: non hanno intercettato i voti degli scontenti di Berlusconi e non sono riusciti ad arginare la sinistra massimalista. E il vero vincitore delle elezioni è Bertinotti». La Margherita ha perso consensi e, se Prodi sarà il prossimo candidato premier, rischia di essere ancora una volta un «professore senza partito», ma «non è affatto detto che sia proprio lui il futuro candidato». Il centrosinistra ha una sola possibilità di andare al governo, se l'avversario farà abbastanza errori da permetterglielo.
«Temibile» il ritorno al proporzionale.
Angelo Panebianco sul
Foglio
Insomma, comunque vada nel 2006, delle riforme neanche l'ombra.
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