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Friday, June 11, 2004

Riforme in Medio Oriente/1. Il G8 prova a promuoverle dall'esterno

«Partnership for Progress and a Common Future with the Region of the Broader Middle East and North Africa» è la nuova denominazione dell'iniziativa americana per il "Grande Medio Oriente" fatta propria dal G8 al vertice di Sea Island. Turchia protagonista. Reazioni contrastanti dal mondo arabo: permangono le diffidenze, ma non mancano le voci favorevoli. segue >>
Bush: «I cambiamenti non possono essere imposti dall'esterno», non c'è la volontà di imporre il modello occidentale, ma di far avanzare la riforma che, ha assicurato Bush, «deve riflettere le necessità e le realtà di ciascun paese ed incontrare le aspettative dei popoli. Abbiamo il dovere di sostenerli nella ricerca di un futuro di libertà e prosperità».
Saad Ibrahim: se il piano viene fatto proprio dal G8, i regimi arabi non potranno facilmente bollarlo come una mera «intrusione» americana nei loro affari.
L'ex ministro giordano dell'Informazione avverte: «La più grande menzogna è che tutti i paesi arabi respingono l'iniziativa». In molti nel mondo arabo, sono «favorevoli al cambiamento e non hanno nulla in contrario a che venga imposto dell'esterno, se non si può ottenerlo dall'interno», poiché lo «status quo non può continuare». E aggiunge: «Non c'è niente di male se noi impariamo dall'occidente, compresi gli Stati Uniti», conquiste ed esperienze che «non sono monopolio di una nazione, ma successi umani ai quali hanno contribuito tutti i popoli». L'ex direttore del quotidiano londinese in lingua araba Al Hayat osserva che «non si deve respingere l'iniziativa solo perché è stata proposta dagli Stati Uniti», mentre il direttore del Centro di studi politici e strategici Al Ahram avverte che far dipendere la riforma dalla soluzione del problema palestinese è «una sicura tragedia politica e morale».

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