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Sunday, August 06, 2006

La Francia e le piccole canaglie europee

Il presidente francese Jacques ChiracE' vero che sul Libano Stati Uniti e Francia sono spesso riusciti a trovarsi d'accordo su un assetto condiviso. La risoluzione 1559 del 2004, e la bozza su cui hanno raggiunto un accordo di massima ieri, sono due esempi. Tuttavia, sulla concreta realizzazione di questo assetto ci sono idee diverse, impegno da una parte e parole dall'altra, che rivelano obiettivi e interessi diversi.

Ieri Panebianco ricordava la «singolare doppietta» Francia-Iran. Il ministro degli Esteri francese, Philippe Douste-Blazy, non aveva ancora finito di lodare l'Iran, esaltandone il «ruolo di stabilizzazione nella regione», che subito Ahmadinejad ricambiava spiegando al mondo che la migliore soluzione possibile della crisi libanese è «la distruzione di Israele».

Le «goffe avances dei governanti francesi all'Iran» ci ricordano, secondo Panebianco, che esiste un «rifiuto europeo» di Israele, ancor «più subdolo e più ipocrita del rifiuto arabo». Vero, ma ci mostrano anche, aggiungerei, il goffo e irrealizzabile disegno francese sul Medio Oriente.

«C'è un'Europa - nota Panebianco - per la quale la sicurezza di Israele viene molto dopo, nella scala delle priorità, dei buoni rapporti, quale che ne sia il prezzo, con il mondo islamico mediorientale, Stati canaglia compresi».

Dunque, quegli atteggiamenti di «equivicinanza», che suonano come ostilità verso Israele, sono maldestri tentativi, da piccole canagliette, di esercitare ancora un'influenza da medie potenze che rivelano proprio, invece, nient'altro che la loro impotenza.

E il disegno francese prevede davvero l'indipendenza e la piena sovranità di Beirut, ma pazienza se essa si traducesse in insicurezza per Israele. Parigi ci tiene davvero a guidare la forza internazionale dell'Onu in Libano, per recuperare il suo prestigio nell'area e il ruolo di punto di riferimento europeo e occidentale per il mondo arabo e islamico, scalzando la presenza americana, divenuta ancora più egemone con la guerra irachena. Ed è disposta a questo anche a costo di regalare all'Iran l'egemonia sulla regione. Comunque, sa che non può farlo contro Damasco e Teheran, ma ritagliandosi un ruolo di mediazione tra mondo sunnita e sciita, tra arabi e israeliani, con una politica che risente di paternalismo post-colonialista e che comunque non comprende l'essenza dei problemi e delle minacce di oggi.

E' questa malcelata aspirazione alla grandeur vissuta in contrapposizione con gli Usa, di certo velleitaria se non patetica, a dividere il fronte occidentale, e la comunità internazionale, nell'affrontare il problema iraniano in ogni sua declinazione, dal nucleare all'uso del terrorismo, dall'Iraq all'Afghanistan.

Secondo Richard Perle «è con l'Iran e la Siria che l'Europa deve mostrarsi forte e usare degli ultimatum. L'Ue ha i mezzi per piegare la Siria e staccarla dall'Iran». Ma è difficile che lo faccia. L'esponente neocon è critico anche con l'amministrazione Bush, che «non ha una politica precisa, ha affrontato l'Iran solo sul piano del nucleare e ha subappaltato le trattative all'Europa», che in tre anni «non ha ottenuto nulla». A Teheran non si sono fatti troppi problemi a respingere ben prima del 31 agosto l'ultima risoluzione dell'Onu e, anzi, a minacciare, in caso di sanzioni, lo stop delle esportazioni petrolifere. «Tra breve l'Iran potrebbe avere la bomba. Una situazione disastrosa, perché intanto nessuno chiede conto all'Iran del suo costante ricorso al terrorismo».

Il problema non è il nucleare in sé, ma anche il ruolo destabilizzante di Teheran nel nuovo Iraq e in tutta la regione. Il cambio di regime è la soluzione, ma Perle smentisce con un sol colpo due dei più frequenti luoghi comuni sui neoconservatori: la preferenza per la soluzione militare e l'anti-europeismo. «Non suggerisco di bombardare, ma di lavorare a un cambiamento di regime. Come tutte le dittature, quella iraniana è vulnerabile dall'interno. Ma sarebbe un'operazione inutile se la conducessimo solo noi, dovete farlo anche voi», dice al Corriere.

A rivelare la distanza europea da Israele, impegnato invece in quella guerra a fascismo e teocrazia che è la vera sfida di questi anni, sono le interviste, uscite in contemporanea la scorsa settimana, al premier israeliano Olmert sul Corriere della Sera e al ministro degli Esteri D'Alema su La Stampa.

A decidere l'esito della crisi libanese, e le reali possibilità di disarmo di Hezbollah, quindi le reali intenzioni degli attori internazionali, sarà infatti il mandato della forza d'interposizione che sarà dispiegata in Libano. Per Olmert, dev'essere costituita da «vere unità combattenti», dev'essere una missione simile a Enduring Freedom, proteggere i frutti della vittoria militare di Israele su Hezbollah e il processo politico che sarà avviato. Soprattutto, «che sia efficace e in grado di bloccare Hezbollah, quando gli estremisti tenteranno di riprendere il controllo del Sud del Libano» una volta che l'esercito israeliano ne avrà lasciato il controllo.

Viceversa, D'Alema ha definito «inaccettabile» che Israele continuerà a combattere «fino all'arrivo della forza internazionale», perché il suo schieramento «richiede un accordo fra le parti». Dunque, la richiesta di cessare-il-fuoco è in realtà rivolta solo a Israele: «La sostanza è che devono smettere di combattere. Solo quando ciò avverrà vi saranno le condizioni per avviare il processo che porterà allo schieramento della forza». Dunque, ecco la tempistica dei passi da compiere: primo, Israele fa cessare le sue operazioni; a quel punto sarà possibile «avviare il processo che porterà allo schieramento della forza». "Avviare", "processo", "porterà"! Quanto tempo? E' realistico pensare che cessando il fuoco Israele potrà mantenere a lungo le posizioni che dovrà occupare la forza internazionale dagli attacchi degli Hezbollah che tenteranno di recuperare il controllo del Sud del Libano?

Essendo politico intelligente, dobbiamo ritenere che a D'Alema non importi affatto che non si ritorni allo status quo ante di minaccia costante su Israele, la cui sicurezza, come diceva Panebianco, all'Europa importa assai meno che i buoni rapporti con i paesi islamici, persino con gli «Stati canaglia», Iran e Siria. D'Altra parte, aggiunge lo stesso D'Alema nell'intervista, «si tratta di Paesi che possono giocare nella regione un ruolo positivo».

E con quanta faccia tosta viene respinta l'esigenza dell'inserimento di Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroristiche. «Questo tipo di classificazioni non ci hanno mai fatto compiere passi in avanti. Non c'è il minimo dubbio sul fatto che Hezbollah sia anche un'organizzazione terroristica ma è anche un partito politico, rappresenta una parte significativa della società libanese. Se la realtà è questa semmai bisogna chiedersi come mai un'organizzazione di questo tipo possa aver assunto questo ruolo politico... Bisogna chiedersi perché gruppi come Hezbollah ed Hamas, ovvero forze che predicano la violenza, abbiano raggiunto ruoli così grandi nel mondo arabo ed islamico».

Già, come mai? La risposta di D'Alema evidentemente non si trova a Teheran e Damasco, ma a Washington e Gerusalemme.

E c'è sempre chi è "più realista del re". Ci riferiamo a Ugo Intini, che al Corriere spiegava che «non ci puo essere in quella regione un intervento tipo Nato in Afghanistan. Occorre inviare una forza internazionale che abbia la caratteristica di una netta neutralità tra Israele e il mondo arabo». Neutralità tra Israele e mondo arabo? Ma Intini ha capito che si confrontano Israele e Hezbollah (leggi: Iran)? O forse intendeva dire «neutralità» tra Israele e Hezbollah senza averne il coraggio?

«Una cosa è certa: l'accordo con il governo libanese è indispensabile per qualsiasi tipo di missione e a Beirut in Parlamento sono presenti anche loro [Hezbollah]». Quindi, delle due l'una: o Intini ritiene che Hezbollah possa accettare il disarmo, o l'accordo a cui pensa non prevede il disarmo di Hezbollah. Viva la sincerità, con buona pace dell'"equivicinanza".

5 comments:

Alexis said...

Se i neocon rinunciano al feticcio della democrazia sempre e comunque -una strategia di "acquisizione" della Siria sarebbe seppur difficile assai utile, anzi decisiva, essendo un regime nazionalista arabo laico, seppur in mano ad un elite alawita - rischiano di apparire più "realisti" dei realisti che vogliono a tutti costi accordarsi con una "Persia" immaginaria che esiste solo nei loro pensieri,sostituita da una teocrazia antisemita, aliena per questo alla tradizione persiana, di cui pensano di poter intuire il comportamento (bisognerebbe chiedere non dico a Ciro il Grande della dinastia achemenide, ma ai Safavidi, che pure erano musulmani, cosa ne pensano, della "persianità" dell'Iran attuale), come la "Russie" di De Gaulle, rampognato per questo da Aron, che pure era un realista, circa la natura comunista e non solo "russa" della politica estera dell'URSS...intanto la Rice si barcamena, tra una Francia velleitaria e un mondo arabo confuso e diviso e un governo israeliano che ha pagato la condotta incerta e ondivaga delle operazioni belliche della prima settimana.Io vedo molto difficile che una forza multinazionale specie con la presumibile composizione , costituirà un ostacolo serio al ritorno di Hizbollah nei territori perduti.

Anonymous said...

ma la leggenda metropolitana sull'intelligenza politica di D'Alema da dove nasce ? :))

Ciao Paolo :)

Mauriziosat said...

la cosa piu' imbarazzante non è neppure la continua farneticazione di Dalema che si arrampica sugli specchi per non scontentare i Caruso della sua coalizione.

La cosa piu' imbarazzante è l'europa che non riesce ad ammettere la sua totale impotenza di fronte agli eventi .

Se non intervengono gli USA con i loto mezzi nessuno è in grado di interporsi in nessun luogo e in mezzo a nessun conflitto.

Ma vallo a spiegare a francesi ed antiamenticani.

Complimenti JimMomo bellissimo articolo .

PS hai visto l'ultima fatica della stampa schierata?
http://photos1.blogger.com/blogger/2103/1888/1600/redcircle.jpg

Anonymous said...

Voi rospugnetti siete patetici!

Volete difendere l'Occidente con i comunisti?!?!?!

LOL!

InOpera said...

Erano rimasti in 3. Libano, Iran e Siria a commerciare petrolio in Euro. Arabia e Kwait lo fanno in dollari. L'
Iraq lo ha iniziato ora.
Quindi, il Libano presto sarà sotto schiaffo degli americani-israeliani.
questa guerra, iniziata per il rapimento di due soldati israeliani, si è espansa con una velocità tale da far capire subito che fosse preparata da tempo, tanto tempo.

Dopo di chè, sarà la volta di Iran e Siria. Nessuno vuole finirla qua e non si tratta di aspettare i "marines" che da sempre hanno preso sonori schiaffi un po' ovunque, così come i russi o qualsiasi esercito regolare contro una guerriglia.
Il vietnam è un esempio, come l'afghanistan per tutti ed ora l'Iraq.

La guerra si preannuncia lunga, sanguinosa e terminierà solo quando avranno raggiunto i loro obiettivi; sottomissione del libano.

la Francia, daltronde, non punta alla pace in assoluto, ma si guarda il suo orticello e come dargliene torto? ha investito molto, sia in Iraq che in Iran-libano. Per questo punta ad una risoluzione di pace immediata.

per quanto riguarda la sicurezza di israele, mi pare che fino ad oggi, sono gli altri che sono minacciati dallo stato con la stella di David.

PS: panebianco è imbarazzante tanto quanto d'alema e non è un caso che spesso lo appoggia !!!