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Friday, August 11, 2006

Una riforma americana dei rapporti fra stato e religione

Ampliando una lettera spedita al Riformista tre volte in questa settimana ma mai pubblicata

Thomas Jefferson«I tempi cambiano», è il titolo che il Riformista dà a una lettera di Enrico Manca. Ma mai abbastanza. Grazie al Concordato dell'84 la religione cattolica non è più «la sola religione dello Stato italiano». Per il resto, confermati, riorganizzati, ampliati, i vecchi privilegi. Giorni fa, Teodori indicava a Ferrara il Concordato, «obsoleto orpello istituzionale che ferisce credenti e non credenti, la fede e la politica», come «bersaglio comune» a laici liberali e atei devoti. Dalla firma di Craxi e Casaroli sono trascorsi oltre vent'anni. Come mai parlare del suo superamento, come fa la Rosa nel Pugno, è ritenuto atto di lesa maestà?

E' giunto il momento di una riforma "americana" dei rapporti fra stato e chiese, la sola che garantisce alle chiese di muoversi liberamente anche nell'arena politica. L'attivismo sempre maggiore di gruppi che fondano sulla fede le loro iniziative politiche e culturali, la richiesta di un maggiore interventismo della Chiesa cattolica sui temi etici, sono spinte che implicitamente richiamano il modello americano di "civil religion".

Negli Stati Uniti, la vitalità del sentimento religioso, la rilevanza dei temi morali nel dibattito pubblico, la funzione civile delle religioni e la libertà di cui godono, dipendono strettamente dalla rigida separazione fra stato e chiesa, che tutela prima di tutto la credibilità delle fedi.

La libertà d'azione dei gruppi religiosi e delle chiese nella società americana è massima, ma allo Stato la Costituzione Usa non permette alcun riconoscimento del loro ruolo, né logiche e privilegi concordatari. Nei testi costituzionali non v'è alcun richiamo alle radici giudaico-cristiane e il "Creator" cui si accenna è aconfessionale, deista. La Costituzione regola il funzionamento delle istituzioni, gli Emendamenti pongono concreti limiti all'azione del governo sulle libertà individuali; la Dichiarazione d'Indipendenza proclama inalienabili diritti e il governo con il consenso dei governati.

Al contrario, in Europa la Chiesa si è intimamente confusa con i poteri terreni accettandone i privilegi. Scriveva già Tocqueville nell'800: gli europei «odiano la fede più come l'opinione di un partito che come una erronea credenza; e nel sacerdote combattono assai più l'amico del potere che non il rappresentante di Dio». Ma le posizioni anticoncordatarie non sono estranee alla cultura cattolica italiana. Rosmini auspicava per la Chiesa «una libertà senza privilegi». I popolari di De Gasperi, memori dell'evangelico «gratis accepistis, gratis date» (Mt. 10,8), chiedevano «diritti in un paese di liberi e non privilegi in uno Stato di schiavi». La "Gaudium et spes" afferma che «la Chiesa non pone la sua speranza nei privilegi offertile dall'autorità civile. Anzi essa rinunzierà all'esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti ove constatasse che il loro uso possa far dubitare della sincerità della sua testimonianza».

Ratzinger e Ruini lamentano l'assenza di Dio, ma preferiscono una fede racchiusa in un prontuario mondano, pubblica in modo parastatalizzato, alla libertà di una "civil religion" italiana. Se l'Italia avrà mai una "civil religion" non dipende da una «sana» laicità, ma dalla Chiesa cattolica, se vorrà rinunciare a legislazioni e logiche concordatarie, al suo status dominante, che altera il libero mercato religioso, e disfarsi dell'entità giuridica statuale del Vaticano per divenire corpo intermedio nella società.

Come mai tali aspetti non sono neanche sfiorati nei convegni? L'omissione di questi grandi temi rende le lamentele dei vescovi sull'assenza di Dio nella sfera pubblica e le "guerre culturali" dei teocon nostrani assai sospette di neoclericalismo e neotemporalismo.

2 comments:

Maurizio said...

Un piccolo appunto: a leggere il tuo articolo, sembra che non ci sia nulla di male in quell'accenno al Creatore. Ma quel "Creator" dei testi costituzionali americani e' una grave discriminazione verso gli atei.

E' come se in un tribunale ci fossero i simboli di tutte le confessioni religiose ma non dell'ateismo. Ciao

Anonymous said...

Saranno disperati 'sti atei americani, per questa grave discriminazione immagino che rompano i coglioni più della uaar in modo che insieme a creator per non discriminare agnostici e atei ci mettano "creator (if any) or by universe in itself which exist since the origin of time and is uncreated."

e sulle monete "in god, someone of us, trust, others don't know and a few of us simply don't believe".

perchè sono questi i problemi della società