Dopo un po' di travaglio intellettuale Bellasio giunge alla inevitabile conclusione: «... sono contrario a non rispettare la volontà individuale di una persona quando gli effetti più forti e importanti di quella scelta ricadono soltanto sulla persona che la compie».
In dubio, pro Piero. Prima della vita, il vivente, l'individuo, libero e responsabile. Dubbi non è permesso averne se prima non si risponde alla domanda: se non Piero, chi per suo conto? Non agire è già una scelta. Non staccare la spina che Welby chiede che gli sia staccata non significa lasciare che le cose facciano il loro corso, ma reiterare ogni giorno e notte una decisione la cui responsabilità è dello Stato, dal momento che il medico curante l'ha declinata proprio chiamando in causa le leggi attuali. Dunque, in questo momento, per Welby sta decidendo lo Stato.
E ciò non è liberale, non lo è «oltre ogni ragionevole dubbio». «In dubio pro vita» è comunque un'opzione che per il "bene" di Welby potrebbe risultare sbagliata. A chi, dunque, la decisione? Essendo in questo caso negata la reversibilità della scelta, chi può assumersi la responsabilità di commettere anche un errore, se non Welby stesso?
C'è chi preferisce morire, piuttosto che vivere da schiavo. Vogliamo impedirglielo? Costoro hanno conquistato la libertà di cui godiamo ancora oggi, anche se troppo spesso ce ne scordiamo.
1 comment:
La cosa straordinaria è che nel caso di Welby non si tratterebbe neanche di eutanasia, a dispetto di chi grida e straparla: il diritto di rifiutare cure mediche esiste già nel nostro ordinamento, e la ventilazione artificiale è un presidio terapeutico; figuriamoci che un'anziana donna tempo fa si rifiutò di farsi amputare un piede in cancrena, operazione indispensabile a salvarle la vita e i medici chiesero al tribunale di costringerla... risultato: constatata la capacità di intendere e volere del soggetto la Corte ha respinto il ricorso dei medici e in seguito la donna è morta.
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