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Saturday, May 19, 2007

Un evasore su tre. E' l'Italia che non si ferma

Il Dipartimento per le politiche fiscali, guidato da Visco, stima che l'evasione fiscale abbia raggiunto livelli fino al 27% del Pil. Musica per le orecchie del viceministro. In realtà servirebbe qualcuno che gli spiegasse che una cifra così elevata denota un'evasione sistemica dovuta a un disagio diffuso e non il vizio socialmente riprovevole di qualche furbo da stanare.

Altri dati provenienti dal dipartimento di Visco confermano quest'analisi: il 50% delle società si dichiara in perdita o con reddito nullo. Al Nord si evade meno che al Sud e i settori in cui si evade maggioramente sono quelli dell'agricoltura, del commercio, dei servizi e delle costruzioni.

No. E' l'Italia che reagisce allo Stato predone. Significa che l'economia reale cresce molto più dei dati ufficiali, nonostante gli ostacoli frapposti dalla politica. La gran parte di quel 27% è una ricchezza che se sottoposta all'attuale regime fiscale semplicemente non verrebbe prodotta. Spesso infatti, per molti lavori - l'artigianato, l'agricoltura, o certi servizi - evadere o meno il fisco è la differenza che passa tra esserci o non esserci. Ogni produzione, si tratti di beni materiali o di servizi, ha una soglia di costi oltrapassata la quale semplicemente nessuno riterrà conveniente accollarsi. Il risultato è che non avremmo quel bene o quel servizio. Quindi, il paradosso è che almeno la metà di quel 27% che Visco s'illude di acchiappare, scomparirebbe nel nulla appena fosse davvero in grado di esigerlo.

E' per questo motivo che qualsiasi politico di buon senso che voglia prosciugare quel 27% di Pil di evasione e addirittura aumentare ancor di più il gettito nelle casse dello Stato è sull'imponibile che dovrebbe concentrarsi, per ampliarlo, perché l'aumento oltre certi limiti delle tasse provoca o la recessione o ulteriore evasione, con il conseguente aumento dei costi per combatterla. E tra le due, io scelgo la seconda.

Per fortuna, tra il sopravvivere e lo scomparire molti scelgono di sopravvivere, pur rischiando l'illegalità, altrimenti ci troveremmo con livelli di disoccupazione da rivolte sociali. E non si spiega, se non con il sommerso e il lavoro nero, come mai il Sud con gli indici di disoccupazione che si ritrova non esploda. La società reagisce, l'istinto dell'uomo a lavorare, produrre, innovare, per campare o arricchirsi, prevale e l'Italia, poco, ma si muove e si reinventa, pur nell'illegalità cui la partitocrazia costringe la vita civile del nostro paese.

Il mercato nero non è che la reazione dei sistemi economici a un proibizionismo imposto dal potere statale. E' così diffuso il lavoro nero perché evidentamente la rigidità cui è costretto quello legale rende il lavoro una merce proibitiva, di fatto proibita. I bisogni degli individidui generano lo spaccio di lavoro illegale.

Quando capiremo che l'evasione contro lo Stato predone è disobbedienza civile allora saremo salvi.

Ma il Governo Prodi non si accontenta di aumentare lo strangolamento fiscale. Una nuova aberrante misura contro il lavoro sommerso pretende che sia stabilito per legge il numero di lavoratori di cui un'azienda si avvale. Si chiamano «indici di congruità» e li ha inventati il ministro del Lavoro Damiano prendendo esempio dai già noti «studi di settore»: "vi diremo noi quanti dipendenti dovranno assumere le vostre imprese per non essere considerate fuori legge".

Verranno create categorie di artigiani, commercianti, imprese edili, sulla base del fatturato, della localizzazione, dell'attività e di altri parametri, alle quali corrisponderà un preciso un numero minimo di dipendenti. In sostanza il Governo pretende di decidere a tavolino il numero "giusto" di lavoratori di cui si avvale un'azienda: se fatturi X, allora non potrai avere meno di dipendenti Y. Anche se i tuoi dipendenti sono più bravi ed efficienti.

Un'operazione di pianificazione, di livellamento sociale verso il basso, di arroganza statalista e dirigista di uno Stato che pretende di saper gestire meglio dei cittadini il mercato del lavoro. E, quindi, l'ennesima misura che scoraggia la crescita delle imprese e della produzione, la ricerca dell'efficienza.

3 comments:

Anonymous said...

Che vergogna?
NO, CHE SCHIFO!!!

Ma non c'è di che strapparsi le vesti. Dalle amministrative arriva il benservito...

Poi... è sicuro che non si va al voto perchè la pensione da parlamentare ancora non l'ha maturata manco Capezz...

Epperò....

Anonymous said...

Non sono assolutamente d'accordo : l'evasione fiscale impedisce la concorrenza "leale" tra le imprese che è la base del miglioramento del sistema. Se nel mercato avranno la meglio non le imprese più brave e innovative ma le più furbe ossia quelle che hanno i commercialisti senza peli sullo stomaco, a perderci saremo tutti quanti. Togliamo pure le tasse ma che valga per tutti, non solo per chi riesce, per motivi tecnici o morali, a violare la legge senza essere scoperto.

Ciao Paolo

Anonymous said...

Assolutamente d'accordo sul giudizio riguardo la misura proposta da Damiano, che non è farina del suo sacco ma è una vecchia idea dei sindacati.
Una prova in più su chi rappresenta oggi il centrosinistra e di chi ha veramente vinto (forse) le elzioni un anno fa.

Ciao Paolo :)