Mentre aumentano in Iraq gli attacchi contro le forze americane in cui vengono utilizzati ordigni di fabbricazione iraniana, Teheran, per mezzo del ministro dell'Intelligence, Gholamhossein Mohseni-Ejei, accusa gli Stati Uniti di pianificare una «rivoluzione di velluto». I piani per un regime change, sostengono le stesse autorità iraniane, avrebbero sostituito quelli di raid militari.
L'esponente del governo la gira a favore del regime: gli Usa avevano messo a punto una «guerriglia psicologica» per preparare il terreno a una azione militare, ma «la resistenza della nazione iraniana durante gli otto anni della guerra santa contro l'Iraq e la sconfitta dei nemici in Medio Oriente hanno fatto in modo che l'arroganza globale accantonasse l'opzione di un attacco militare».
«Primo elemento» dell'offensiva americana ora sarebbe «la creazione di fratture e divisioni tra le forze della rivoluzione». Washington cercherebbe di infiltrare nel governo «alcuni elementi su cui può contare».
Ecco, quando un'accusa simile verrà rivolta all'Europa, allora vorrà dire che avremo iniziato a fare davvero qualcosa per la democrazia e diritti umani degli iraniani.
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