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Tuesday, August 07, 2007

Primarie assai poco americane

A riprova del carattere non democratico e men che meno "americano" del nascente Partito democratico, la decisione di vietare gli spot e quella di relegare agli ultimi giorni i confronti pubblici tra i candidati, comunque non televisivi ma organizzati dai vari comitati.

Veltroni si dimostra non molto diverso da Berlusconi. Da grande comunicatore qual è sa bene che al candidato di gran lunga più popolare non conviene accettare confronti con sfidanti pressoché sconosciuti, o anche poco conosciuti, al grande pubblico. In queste situazioni di tale divario di partenza, infatti, al di là dell'esito del confronto, gli sfidanti sconosciuti infrangono la barriera dell'anonimato e rosicchiano consensi. Non che qualcuno di loro abbia concrete speranze di insidiare il successo veltroniano, perché per farlo avrebbe bisogno di molti più mesi alla ribalta sui media e, a quel punto, di essere convincente sui contenuti. Ma Walter teme che acquisiscano anche quel pizzico di notorietà che ci vuole per "esserci", perché lui non è obbligato a vincere, ma a stravincere con percentuali bulgare.

Certo, in una primaria "americana", cioè democratica, al candidato favorito che si rifiutasse di confrontarsi pubblicamente, anche in tv, con gli altri anche meno noti sarebbe fatto pagare un altissimo prezzo politico presso l'opinione pubblica. E' qualcosa di impensabile. Ed ecco un altro aspetto che rende Veltroni molto, ma molto più lontano di quanto si vorrebbe dai suoi miti americani.

Avvelenato l'editoriale di Andrea Romano, su La Stampa: «Signora mia, non ci sono più le oligarchie di una volta». Il classico caso del bue che dice cornuto all'asino. Oligarchi che accusano altri oligarchi di «verticismo».

Protesta Bersani, per esempio, che alla fine si è piegato «all'ordine di scuderia Ds di produrre un candidato unico». E Goffredo Bettini, che spiega come «Veltroni non accetterà alcuna pesantezza burocratica o spartitoria».
«Proprio lui, Bettini, che da anni governa saldamente il Lazio per interposta persona e all'insegna di un perfetto modello di spartizione del potere. Sia reso onore a Bettini e al suo "modello Roma", che ha permesso al centrosinistra di riconquistare quello che un tempo era un solido feudo sbardelliano e postfascista. Ma sarebbe un segno di stile che da quel pulpito si evitasse di fare la lezione sui meriti della sempre più mitologica "società civile" e sui guasti delle logiche spartitorie».
Conclude Romano: «Viene da pensare che uno dei problemi del centrosinistra non sia tanto la malattia oligarchica, quanto l'assenza di una buona e sana oligarchia. Quella che vige nei normali partiti democratici, dove le élite si producono attraverso la battaglia delle idee e dove chi vince si insedia al potere senza complessi di colpa. Ma anche senza alcuna illusione sulla propria mortalità politica, sulla trasparenza del proprio mandato e sull’ineluttabile ricambio che verrà dopo la sconfitta».

1 comment:

Anonymous said...

merita ancora attenzione la misera vicenda del sedicente PD?

Lasciamoli cuocere nella loro mefitica vecchia brodazza.