Un'altra casta, quella dei magistrati. Tra i più intoccabili e irresponsabili della nostra società. Alti stipendi e carriere automatiche fino ai vertici, senza alcun controllo di produttività o capacità. Eppure, un modo molto semplice ci sarebbe: separazione delle carriere e stipendi legati alle cause vinte.
Anche la responsabilità civile dei magistrati, che i cittadini italiani votarono in massa nel 1987 (referendum "Tortora") non si sa che fine abbia fatto. Nonostante tutti i milioni e milioni di processi che si sono svolti da allora a oggi quante volte è scattata quella norma? Non se ne hanno notizie. I magistrati di fatto non hanno un datore di lavoro che controlli il loro operato e sanzioni gli errori.
Premesso questo, i fatti di oggi. Un ragazzo di trent'anni, indagato per l'omicidio della sua ex, girava a piede libero e ha potuto uccidere un'altra ragazza. Non siamo in grado di affermare se il pm, scarcerandolo, abbia commesso un errore. Può benissimo darsi che effettivamente non ci fossero le prove sufficienti per trattenerlo in custodia cautelare. Ma ci chiediamo: chi avrebbe dovuto cercarle quelle prove - che evidentemente dovevano pur esserci - invece di andarsene in vacanza? O per lo meno disporne il pedinamento? Ci pare difficile comunque che il pm possa declinare ogni responsabilità. Così come i carabinieri, cui erano stati presentati esposti e denunce sulle violenze subite dalla seconda ragazza prima di venire uccisa.
Escluso il dolo, e ammesso che sia da escludere anche la negligenza per far scattare la responsabilità civile, rimarrebbe comunque il fatto, tragico: lo sbaglio. Che è giusto che pesi nel condizionare carriere e stipendi, così come avviene per ciascun professionista, imprenditore e lavoratore.
Le indagini disposte dal ministro Mastella sono il minimo disturbo, ma c'è da scomettere che si concluderanno con un nulla di fatto e passato il clamore nessuno se ne ricorderà più.
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