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Tuesday, January 18, 2005

Il guaio dei riformisti è che non ci credono neanche loro

La vittoria di Niki Vendola (sarò presuntuoso, ma ci avrei scommesso) nelle primarie del centrosinistra per il candidato governatore in Puglia questo dimostra. Accuse e sospetti sono fuori luogo. Non è la forza di Vendola, ma l'inconsistenza degli altri, dei sedicenti riformisti. Onore al Riformista giornale, dove ho letto i migliori commenti: prima pagina, pagina 2 e pagina 3, ma soprattutto in "Perché i riformisti non sono popolari". Innanzitutto, nell'individuare la vittoria del Vendola come il primo dei due passi (l'altro sarà compiuto dalle primarie nazionali da dove Bertinotti uscirà n° 2 del centrosinistra e comunque rinforzato) che renderà «il volto dell'alleanza meno rassicurante e più "comunista"» agli occhi degli elettori. Poi, nell'affondare:
«Che cos'è che rende così poco popolari i riformisti? E perché più lo sono davvero e meno popolari sono? Secondo noi la causa prima è in una forma di autocensura, cui i riformisti impegnati in politica costantemente ricorrono. Il riformista che deve cercare voti ha spesso paura della radicalità delle proprie idee. Per questo le annacqua, le edulcora, le nasconde, e alla fine manda un messaggio non moderato, ma solo ambiguo. Il radicale, invece, ha libertà di parola: può dire tutto quello che vuole, anzi, più esplicitamente lo dice e meglio è per lui: parlando allo stomaco dei suoi elettori, sembra uno che parla col cuore.
(...)
per qualche ragione che ha a che fare con la storia della sinistra italiana (ex comunista), il riformista vi si sente sostanzialmente un estraneo, e dunque si taglia le unghie per farsi accettare. Blair non ha vergogna di fare appello all'individualismo, o di prendere di petto l'antiamericanismo: in Italia la sua sfrontatezza è un tabù che nessuno osa sfidare. Guardate il caso di Rutelli: ha detto due cose abbastanza ovvie, che socialdemocrazia ed egualitarismo non sono più strumenti per una sinistra moderna. In Europa lo sanno per primi i socialdemocratici, che a Londra come a Berlino e perfino a Stoccolma hanno rinnovato la socialdemocrazia e messo in soffitta l'egualitarismo da un quarto di secolo. Ma in Italia cose così non si possono dire, sennò apriti cielo...»
Quindi la conclusione:
«Così i riformisti sembreranno sempre la destra della sinistra, e nessuno si accorgerà che, nel mondo di oggi, i conservatori sono quelli della sinistra-sinistra, della sinistra che non si tocca...»
I sedicenti riformisti sono - per ora - grigi burocrati con il feticcio dell'unità della sinistra, ma con nessun coraggio. Non hanno mai neanche provato a convincere i loro elettori, ad ingaggiare la necessaria battaglia di idee per rinnovare la cultura politica della sinistra italiana, ma solo cercato di conservare con tutti i mezzi le maggioranze interne. Tenerezza per i tentativi all'acqua di rose di Rutelli.

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