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Friday, January 21, 2005

«Non è ora di lasciare Baghdad»

Su La Stampa di oggi due storici realisti repubblicani, Henry Kissinger e George Schultz, firmano un editoriale in cui respingono ogni ipotesi di exit strategy dall'Iraq per gli Stati Uniti:
«Il prerequisito per una strategia di uscita accettabile è un risultato sostenibile, non una scadenza arbitraria. Perché da quello che sarà dell'Iraq dipenderanno i prossimi dieci anni di politica estera americana. Una débâcle darebbe l'avvio a una serie di convulsioni nella regione, radicali e fondamentalisti arriverebbero al potere con il vento apparentemente in poppa. Ovunque vivano popolazioni significative di musulmani, ci saranno sempre elementi radicali. Ma se gli americani si mostrassero confusi in Iraq, il senso di marcia del resto del mondo cambierebbe. Un ritiro precipitoso quasi certamente scatenerebbe una guerra civile, e i Paesi vicini trasformerebbero il loro attuale coinvolgimento in un intervento vero e proprio».
Ma non basta non andarsene, bisogna attuare una «strategia praticabile», e le risosrse necessarie, per ottenere «un risultato compatibile con i nostri valori e con la sicurezza globale». Non è realistico aspettarsi, come pensano «ottimisti e idealisti», istituzioni democratiche in tempi brevi. Bisogna puntare però a un «progresso significativo»: un governo rappresentativo legittimato dai diversi gruppi etnici. Una «società pluralista a guida sciita» sarebbe desiderabile sempre che gli sciiti non intendano dar vita a «un'applicazione assolutista del governo della maggioranza».

Parole dure sugli europei:
«E' tempo che la smettano di stare alla finestra - una vergogna per loro e per la nostra tradizionale alleanza: comunque vedano le cose, il processo politico in atto influirà sul loro futuro ancor più che sul nostro».

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