Premessa:
a) «la strategia berlusconiana in vista delle regionali» è quella di «occupare tutti, ma proprio tutti, gli spazi mediatici possibili»; b) «il Cavaliere tenterà di promuovere iniziative non solo visibili ma anche concrete, mentre il centrosinistra discute di faccende che - ha spiegato il premier ai suoi collaboratori - "sono aria fitta per la gente comune che vota e non gliene frega niente della Fed o della Gad o della Fegad. Ma proprio perché loro stanno suicidandosi, noi non dobbiamo mollare. Anzi, bisogna portarli per mano all'eutanasia"».Così «si inquadra» la scelta contro i referendum.
Certi l'irritazione dei laici e il respingimento delle tesi dell'avvocatura da parte della Consulta, anche se a rischiare è il quesito voluto dai radicali, quello per l'abrogazione totale della legge 40. Ma i risultati, secondo lo schema del premier, dovrebbero essere altrettanto assicurati:
«Intanto, fissiamo un paletto che dice: noi stiamo e staremo con la Chiesa. Inoltre, quando il referendum non raggiungerà il quorum, potremo dire che avevamo ragione noi». Infine, «è vero che dalle nostre parti c'è qualcuno che si lamenta, però aspettate qualche giorno e anche sulla fecondazione ne vedrete delle belle nel centrosinistra. Fassino è a favore del referendum e tutta la sinistra estrema pure. Urlano mentre Rutelli e Prodi stanno zitti, perché loro due sono contro il referendum. Ma prima o poi nella Fegad si scanneranno anche su questo».«Giù le tasse, su i valori». Ho commentato qualche giorno fa lo slogan, anticipato da Berlusconi nella conferenza stampa di fine anno, che segnerà la lunga campagna elettorale. Il primo atto è stato sulla fecondazione assistita. Una linea «di scontro netto con la coalizione referendaria, non sui contenuti, ma sui principi».
Vi trovo innanzitutto il fraintendimento, nel tentativo di imitarlo, di ciò che è il movimento conservatore americano che ha portato alla rielezione dell'amico Bush: dobbiamo aspettarci forse un Bush nostrano, all'amatriciana, che si appresta ad introdurre in Italia un conservatorismo non alla Bush, ossia rifondato sulle orme di Reagan, ma che non fa che riprendere la linea Fanfani-Almirante. Un pericolo avvistato per tempo solo da Marco Pannella.
Vi è, inoltre, l'accettazione della "battaglia culturale" a lungo invocata da Giuliano Ferrara, senza cura però di quali compagni di ventura si ha al proprio fianco e senza ben ponderare il peso dell'assenza, nel nostro Paese, di anticorpi autenticamente liberali e laici, presenti invece oltreoceano. In due parole, Buttiglione non è Bush.
Ma c'è anche «un'interpretazione meno dottrinaria, più machiavellica», avanzata da il Riformista:
«Il governo sa che la Consulta boccerà il suo ricorso. Però avrà comunque mostrato il volto dell'armi che verrà apprezzato Oltretevere. E siccome siamo in tempo di elezioni, tenere i voti cattolici e fare il pieno di quelli "militanti" è una scelta che paga. Oltretutto, trincerandosi dietro i valori, si evita di entrare nel merito che rischia di farsi troppo complicato, con il rischio che nel ginepraio pezzi importanti finiscano intrappolati dai rovi. Può darsi che la tattica abbia prevalso e la strategia sia, in effetti, solo propaganda».Di certo c'è solo la conclusione: «I fatti, per ora, ci dicono che di liberale, in una coalizione che voleva "liberalizzare" l'italia, è rimasto ormai davvero poco». Intanto, quelli «buoni a nulla»... (il Riformista).
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