Proprio di stamani un post sul "Corriere che cambia volto". Da tempo direttore di Rcs, non c'è dubbio che Paolo Mieli è un maestro nel saper trasformare in linea editoriale gli interessi dei "poteri forti". Un'abilità alla quale non sono abituato a guardare con sospetto, ma come normale "gioco" tra interessi in una società liberale.
La mia riflessione, dietrologica ai limiti del patologico, è questa.
Da tempo non si vedeva un'editoriale come quello di stamani in prima pagina - dove viene dettata la linea del giornale - per di più di Piero Ostellino, spesso sbattuto oltre la decima. Di fatto un sostegno, ragionevole ed equilibrato come sempre, ai referendum contro la legge 40 sulla fecondazione assistita.
Di più: si sottolinea come tenere il referendum - che poche ore dopo sarà invece ritenuto «inammissibile» dalla Corte - si ritenga opportuno e «auspicabile», lungi dall'«alzare nuovi e anacronistici "steccati" fra cattolici e laici». Al contrario di quanto da più parti si sostiene sui rischi di "spaccare" il Paese (per paura di confrontarsi con il potere vaticano), il referendum rappresenta «un momento "alto" di confronto democratico» e non mette affatto in contraddizione cristianesimo e liberalismo.
Mi viene un sospetto irrefrenabile che voglio condividere con voi: possiamo escludere che la Corte Costituzionale abbia preso una decisione in tempi così ristretti (solo 3 giorni è davvero insolito) per evitare che si aprisse tale dibattito sul Corriere, il quotidiano più letto, che avrebbe messo in seria difficoltà i rapporti tra sinistra e Vaticano e le varie tesi anti-referendarie? Oppure, volendo essere maliziosi dalla parte opposta, non è che Mieli ha voluto lanciare il sasso sapendo che ormai i giochi erano fatti?
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