Archiviata la contesa elettorale in cui ha investito milioni di dollari nel tentativo di non far rieleggere il presidente Bush,
George Soros riparte da un libro, "The Democracy Advantage", nel quale, ci racconta
Christian Rocca in un
articolo superlativo per completezza, «spiega con un mucchio di dati, cifre e grafici come i regimi democratici producano ovunque e comunque pace e prosperità».
«I liberal e l'establishment accademico si organizzano, spendono soldi, producono libri e tirano fuori idee che George W. Bush sta già provando a realizzare. Accusano l'establishment politico e culturale mondiale di non capire l'importanza del fattore democratico, ma non si accorgono che sono proprio loro l'establishment. La prefazione di George Soros altrimenti sarebbe un manifesto neocon...».
Non pretendo certo che Soros si metta a dare pubblicamente ragione a Bush e ai neocons, però mi accontento di vedere che nella sinistra americana qualcosa si muove nella stessa direzione, verso l'obiettivo di far pesare quel "fattore democratico" che dalla seconda metà degli anni '60 è sfuggito dalle mani e dalle teste pensanti del Partito Democratico.
«Il riconoscimento del vantaggio democratico - scrive Soros - dovrebbe riformare le strategie occidentali per ridurre la povertà, rilanciare lo sviluppo e alimentare le speranze dei due terzi del mondo impantanato nella povertà».
Ormai negli Stati Uniti il dibattito politico, sia a destra che a sinistra, è fermamente incardinato su una promozione "attiva" della democrazia nel mondo, la cui responsabilità ricade sull'intero mondo libero, chiamato a nuove forme organizzative, una delle quali potrebbe essere
un'Allenza delle Democrazie. In questo dibattito ci sono i britannici, mentre è totalmente assente l'Europa continentale. Una "minuscola" forza politica italiana è la più attrezzata per essere all'avanguardia: i Radicali.
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