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Monday, March 14, 2005

Ombre cinesi

L'Assemblea Nazionale del Popolo, con sede nella imperiale piazza Tienanmen, ha approvato (3mila sì e 2 astenuti) una legge antisecessione che autorizza l'esercito a muovere guerra a Taiwan qualora l'isola si dichiarasse formalmente indipendente. La volontà di Pechino di impedire la dichiarazione di indipendenza dell'isola nazionalista, separata di fatto dalla madrepatria dal 1949, viene definita «incrollabile». Nessuna paura di «interferenze straniere». Il Parlamento ha contestualmente approvato un aumento delle spese militari del 12,6 per cento. La spesa militare della Cina dovrebbe però rimanere nettamente inferiore a quella delle potenze occidentali, anche se gli esperti avvertono che Pechino potrebbe dichiarare solo una frazione delle spese effettive.

L'articolo 8 della legge lascia un ampio margine di discrezionalità operativa al Consiglio di Stato e all'esercito. L'uso della forza è disposto in modo esplicito se «le forze secessioniste agiranno in qualsiasi modo e sotto qualsiasi nome per provocare la secessione di fatto... o se si verificheranno incidenti che implichino la secessione», o anche solo «se le possibilità di una riunificazione pacifica siano completamente esaurite».

Il governo di Taiwan ha replicato sottolineando che la legge «autorizza la guerra» e che la Cina dovrà «pagare il prezzo» della «responsabilità» che si è assunta. Stati Uniti e Giappone, legati a Taiwan da un patto di difesa, hanno espresso «preoccupazione» e per la prima volta hanno incluso «la soluzione pacifica del problema di Taiwan» tra i loro »interessi strategici comuni» nell'annuale documento congiunto sulla difesa e la sicurezza nel Pacifico.

E l'Unione europea che fa? Insisterà davvero a non volersi dotare di un esercito, e allo stesso tempo a voler vendere armi alla Cina? Commenta Thomas Friedman, sul New York Times:
«Se l'Europa vuol essere pacifista va bene. Ma non c'è niente di peggio di un pacifista che vende armi - specialmente in modo da accrescere il carico sul suo alleato e protettore americano». Da stra-leggere
I rapporti tra Washington e Pechino nascono nel 1972 sul presupposto dell'esistenza di «una sola Cina». Il Kuomintang (Partito nazionalista) al potere allora sull'isola si considerava alla guida del governo legittimo in esilio, che combatteva gli "usurpatori" comunisti insediati a Pechino. Negli ultimi 25 anni, mentre i legami economici costruivano un ponte sullo Stretto, nasceva un'identità politica taiwanese che ha alimentato le aspirazioni di indipendenza.

A tutti sembra però far comodo lo status quo. Una legge approvata dal Congresso americano prevede un intervento degli Usa in caso di aggressione e Pechino non potrebbe mai rimanere inerte davanti a una secessione di Taiwan, con tutte le prevedibili conseguenze in Tibet e nello Xinjiang musulmano. A questo punto tutta l'attenzione è rivolta alla visita che il segretario di Stato Condoleezza Rice ha in programma a Pechino il 20 e 21 marzo.

Un breve excursus storico e un'esauriente descrizione della situazione a cura di Rodolfo Bastianelli su ideazione.com.

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