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Thursday, March 31, 2005

La peggiore punizione per Kofi Annan

Un'assoluzione sul piano "giuridico", ma una definitiva condanna politica. Potrebbe passare alla storia come il segratario generale che ha affossato la credibilità l'Onu.

Il secondo rapporto provvisorio Volcker (C-Span) ha effettivamente scagionato Kofi Annan perché non ci sono prove, «gli indizi non sono ragionevolmente sufficienti», che fosse a conoscenza del fatto che suo figlio, Kojo, lavorasse per la società svizzera a cui le Nazioni Unite affidarono per 10 milioni di dollari l'anno il compito di monitorare il programma Oil for Food. Un programma da 64 miliardi di dollari gestito dall'Onu per consentire a Saddam Hussein di vendere petrolio in cambio di cibo e altri generi di prima necessità, unica deroga alle sanzioni imposte dall'Onu dopo l'invasione del Kuwait nel 1990.

Tuttavia, in questo suo secondo rapporto preliminare la commissione d'inchiesta è stata molto critica sull'operato di Annan nella vicenda. Baghdad avrebbe fornito a numerosi intermediari - fra cui anche funzionari dell'Onu - degli speciali "buoni petrolio" equivalenti a delle tangenti. Loschi e pericolosi gli obiettivi di Saddam. Ad Annan viene contestato il fatto di aver operato con negligenza, incompetenza e in conflitto di interessi. Addirittura, il giorno dopo l'istituzione della Commissione, il capo dello staff di Annan, Iqbal Riza, ha distrutto (impiegando sette mesi) i documenti del programma relativi agli anni 1997, '98 e '99. Per queste e altre brutte faccende, tutti gli uomini del segretario sono stati costretti alle dimissioni: Sevan, Riza, Bertini, Halbwachs, Hansen, Roed-Larsen e Lubbers.

Il paradosso è che l'acerrimo oppositore della politica degli Stati Uniti all'Onu, in particolare della guerra in Iraq, in questi tempi duri è difeso proprio da Washington, che lo ha letteralmente in pugno. Pena peggiore è difficile da immaginare. Dalla Casa Bianca fanno sapere che l'intenzione è di «continuare a lavorare» con Annan. Già, ormai a cosa potrebbe opporsi? Certamente non dovrebbe - scrive Dimitri Buffa oggi su L'opinione - opporsi alla nomina di Emma Bonino alla Commissione Onu per i Rifugiati.
«Il presidente americano sa benissimo che l'americanismo dei Radicali italiani è qualcosa di ben più serio degli atteggiamenti alla moda degli ultimi anni, in cui si sono creati schieramenti di tifosi, da una parte e dall'altra, ma senza solide basi esistenziali... una come la Bonino in quel posto lì, l'Unchr, un'agenzia che negli ultimi anni è stata anche infiltrata dai terroristi nel Medio Oriente... potrebbe rappresentare quel punto di svolta delle Nazioni Unite propedeutico all'Organizzazione mondiale delle democrazie. Cioè un'Onu di democrazie, la cui idea fondante, guarda caso, furono proprio i radicali...»
«Pieno sostegno» da Parigi, mentre dagli Usa monta un'ondata di sdegno che non travolge Annan solo per la contingente convenienza dell'amministrazione a dialogare con un segretario che non è in condizioni di alzare troppo la cresta. Il senatore Norm Coleman torna a chiedere le sue dimissioni e il Wall Street Journal continua a ripetere che Annan è unfit a guidare l'Onu. Solo il New York Times è ancora decisamente troppo cauto, osservando che il segretario generale «deve dimostrare che ha imparato dagli errori del passato e può ancora essere il leader forte ed efficiente di cui l'Onu ha un disperato bisogno in questo momento».

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