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Thursday, March 17, 2005

Primavere che non mobilitano la sinistra

Un'altra conferma che la bandiera della libertà è passata a destra. L'editoriale di oggi di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera smaschera una volta per tutte la malafede e l'antiamericanismo che muovono la sinistra sui temi della politica estera. Il no alla guerra in Iraq era motivato da un sì all'Onu, alla propaganda, alla mobilitazione pacifica dell'opinione pubblica e alle pressioni della comunità internazionale. «E' con questi strumenti», scrive Galli della Loggia, che la sinistra sostiene «che bisogna cercare sempre di promuovere la causa della democrazia là dove la democrazia è assente: non con le armi».

Ma non si può, «dopo aver predicato a squarciagola la necessità di prendere una tale strada, nel momento in cui in un qualunque posto del mondo essa è realmente imboccata, voltare la testa dall'altra parte e fare finta di nulla. Se non sbaglio è precisamente questo, invece, il modo in cui si sta comportando la sinistra di fronte a quanto accade oggi in Libano.
«Di fronte ad un Paese del mondo arabo dove per la prima volta da tanto tempo si registra una grande mobilitazione pacifica e di massa a favore della democrazia; di fronte ad un movimento siffatto i cui obiettivi, come se non bastasse, coincidono con i deliberati delle Nazioni Unite; di fronte ad un regime dittatoriale torturatore come è quello di Damasco guidato da Assad figlio che è visibilmente messo alle corde da quanto sta accadendo e forse ne potrebbe essere fiaccato fino alla morte; insomma, di fronte ad un insieme di fatti che sembrano la rappresentazione quasi perfetta di ciò che da due tre anni la sinistra italiana va dicendo essere la strategia su cui puntare, cosa fa questa stessa sinistra per appoggiarla? In pratica, mi pare, assolutamente nulla. I suoi esponenti tacciono, i suoi giornali informano sussurrando, il suo popolo non organizza cortei, non picchetta ambasciate, non sottoscrive manifesti.

La sinistra dei buoni sentimenti democratici e pacifici non fa nulla, così come non fa nulla, neppure qualche blanda manifestazione di pubblica simpatia, per appoggiare il fermento democratico che percorre tutto il mondo arabo. Bisogna forse maliziosamente dedurne che l'antiamericanismo può arrivare al punto di far preferire i tiranni agli Stati Uniti?»
Un concetto ribadito da Charles Krauthammer sul Washington Post:
«The international left's concern for human rights turns out to be nothing more than a useful weapon for its anti-Americanism. Jeane Kirkpatrick pointed out this selective concern for the victims of U.S. allies (such as Chile) 25 years ago. After the Cold War, the hypocrisy continues. For which Arab people do European hearts burn? The Palestinians. Why? Because that permits the vilification of Israel -- an outpost of Western democracy and, even worse, a staunch U.S. ally. Championing suffering Iraqis, Syrians and Lebanese offers no such satisfaction. Hence, silence.

Until now. Now that the real Arab street has risen to claim rights that the West takes for granted, the left takes note. It is forced to acknowledge that those brutish Americans led by their simpleton cowboy might have been right. It has no choice. It is shamed. A Lebanese, amid a sea of a million other Lebanese, raises a placard reading "Thank you, George W. Bush," and all that Euro-pretense, moral and intellectual, collapses».

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