Un giudice di Bologna, Liviana Gobbi, con ordinanza del 27 giugno 2006 ha respinto la richiesta di custodia in carcere nei confronti di 18 sospetti terroristi islamici, affermando il principio che «restano esclusi dall'ambito della definizione di terrorismo gli atti di violenza, da chiunque compiuti, contro militari impegnati in un conflitto armato, salvo la illiceità di tali atti sotto altri profili del diritto internazionale umanitario (crimini di guerra o contro l'umanità)». Lo denuncia, oggi sul Corriere, Magdi Allam.
La sentenza mi sembra meno grave di quella di Milano che definì «resistenza» tali atti. Questa, piuttosto, rivela la drammatica carenza di una definizione giuridica di «terrorismo».
Ma rivela molto di più di quanto sia apparso a Magdi Allam. La foga ideologica, infatti, non risparmia alla magistratura italiana di cadere nell'ambiguità giuridica degli enemy combatant, attualissima e controversa questione di diritto conosciuta alle cronache per le detenzioni di Guantanamo.
Di che si lamenta Allam? Non l'abbiamo letta tutta, e quindi ci rifacciamo ai passaggi riportati dall'editorialista del Corriere, ma questa sentenza pare stabilire che quei 18 sospetti non siano terroristi, bensì combattenti nemici, per altro nella "aggravata" posizione di essere sospettati di crimini di guerra e contro l'umanità. «Né pare condizione sufficiente a caratterizzare come "terroristica" la partecipazione a un conflitto bellico da parte di persone non appartenenti ai Paesi in conflitto, dovendo ricondursi alla nozione di forze armate sia l'esercito regolare di uno Stato sia ogni organizzazione armata che partecipi al conflitto, purché posta sotto un comando responsabile che garantisca la disciplina tra i subordinati ed il rispetto del diritto internazionale umanitario».
La sentenza non «legittima il terrorismo», come lamenta Magdi Allam, ma descrive una situazione, pur condendola di valutazioni ideologiche, semplicemente arrivando alla conclusione che non si tratti di terrorismo, bensì di guerra. Che la Corte giudichi queste milizie al fianco o non al fianco delle popolazioni, lodevoli o meno i loro atti violenti, non ci interessa. Ai nostri giudici «appare altamente probabile che egli [si parla, nella fattispecie, di Ben Ali Lotfi] facesse parte di una milizia combattente contro le forze della coalizione nell'ambito di un conflitto, probabilmente quello afghano... Dai contenuti delle conversazioni si può cogliere come egli fosse impegnato in attività di combattimento».
I 18 che Allam vorrebbe definiti «terroristi» e affidati alla giustizia italiana, la giustizia italiana li ritiene «impegnati in attività di combattimento» contro una Coalizione legittimata dalle Nazioni Unite e la cui partecipazione dell'Italia è stata deliberata in modo legittimo e democratico. Dunque, vi sono qui tutti gli elementi perché sia non la magistratura ad occuparsene, ma il Ministero della Difesa (insomma: le nostre Forze Armate).
La sentenza, volendo probabilmenete alleggerire la posizione degli indagati, a ben vedere la aggrava, negando a tal Ben Ali Lotfi e ai suoi commilitoni le garanzie di un processo civile. Sono, a tutti gli effetti, soldati nemici di cui le nostre Forze Armate dovrebbero farsi carico, impedendogli di ritornare a combattere prima della fine delle ostilità, nel rispetto, s'intende, della Convenzione di Ginevra. E ciò aprirebbe la fatidica domanda: dove tenere in custodia i prigionieri nemici?
Ci vorrebbe qualcuno, ai massimi livelli politici e di governo, che ne prendesse atto. Altre iniziative della magistratura, invece, come quelle di Milano contro la Cia e il Sismi per via della cattura di Abu Omar, sembrano capovolgere l'approccio della sentenza di Bologna. Il Sismi e la Difesa non sono legittimati a intervenire, ma devono percorrere la via della giustizia ordinaria.
2 comments:
Caso Abu Omar: gli uomini della Cia hanno agito nel rispetto delle leggi Usa che permettono quel tipo di 'rapimento'. Quindi, azione legale, (dal loro punto di vista).
Gli uomini del Sismi, invece, hanno partecipato a una azione non consentita dalle leggi italiane. Quindi illegale. Da chiunque posta in essere.
Caso sentenza Bologna: l'Italia non è in guerra. Come si fa a detenere prigionieri di guerra?
E' inutile dare addosso ai magistrati: se ci battiamo per la legalità non possiamo farlo solo pensando ai senatori della Rnp.
C'é un vuoto legislativo, ma soprattutto c'è un vuoto politico: bisogna adeguare leggi e strumenti al mondo che è cambiato.
Ammesso che tutti si accorgano che è cambiato.
Buona notte.
Dove sta scritto che l'atto di violenza contro militari impegnati in un conflitto armato non sia terrorismo? Nel nostro codice penale no. E poi i militari non sono impegnati in un conflitto armato. Cioè, lo sono (più) perché gli altri sparano. E' una conseguenza. E poi i militari sono presenti su mandato internazionale e soprattutto a sostegno di un legittimo governo locale. Attaccarli è come attaccare il governo. Se non è terrorismo questo.
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