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Monday, November 29, 2004

Quale Europa, quale informazione

L'unica «speranza» dell'Europa risiede proprio «in chi vuole divenire Europa»
In queste ore l'Europa (per merito della "Nuova Europa") sembra lentamente risvegliarsi da un letargo che le ha impedito finora un genuino impegno per la democrazia e lo stato di diritto, non dico nel mondo, ma persino ai suoi confini. Più allarmanti delle nostre classi dirigenti sembrano però gli operatori dei media televisivi, che in questa settimana (con l'eccezione guarda caso del solito Toni Capuozzo) hanno concesso scarsissima attenzione allo straordinario movimento popolare che in modo nonviolento - per ora - cerca di strappare il diritto alla democrazia in Ucraina.

Antropologicamente e culturalmente tarati, questi nostri giornalisti sposano l'ideologia dell'indifferenza e della convenienza, quando si tratta di accadimenti che esulano dagli interessi della propria fazione corporativa e dei propri mentori politici. Cala il silenzio su quegli eventi che contraddicono, o che non servono il loro pregiudizio culturale, i loro schemi mentali, la loro weltanschauung antiamericana. Per questo, a tutti è oggi difficile esclamare «Siamo tutti ucraini!»

Scrive Radek Sikorski, presente a un dibattito all'American Enteprise Institute:
«Some people have become so blinded by anti-Americanism that they assume that whatever Uncle Sam backs must be a bad thing. In this twisted logic, if the U.S. Congress passes a "Belorus Democracy Act" or helps the struggling Ukrainian independent media, that is interference, but when Russia pulls out the stops for Yanukovych, that's just good old Slavic solidarity».
«In cosa consistono queste decantate radici» dell'Europa? si chiede quindi Oscar Giannino sul Riformista:
«Nessuna diretta televisiva e radiofonica, nella pigra e distratta Europa, per documentare le centinaia di migliaia di ucraini in piazza davanti alla Rada... Nessun resoconto ora per ora, degli appelli di migliaia di cittadini, intellettuali, e politici dell'opposizione... Nemmeno i provvedimenti di sicurezza assunti a Kiev... hanno spinto qualcuno in Europa a mobilitare in poche ore il primo pilastro di una società libera e democratica, appunto l'informazione. (...) Eppure dovremmo saperlo che è la carica esplosiva delle immagini video ciò che spaccò il mondo nel '68 a Praga come nel tentato golpe al parlamento russo di cui Eltsin ebbe ragione su un tank lealista.

Se nemmeno di fronte alla plateale violazione di un principio basilare della libertà come il voto senza frode l'Europa sentisse il dovere di un'iniziativa straordinaria - politica e diplomatica, ma fatta anche di immediate pressioni economiche e persino, sì, di pressione militare - in che cosa consistono le sue tanto decantate radici? Qual è la superiore missione civilizzatrice di un'Europa che si schifa dell'esportazione della democrazia sulla punta delle baionette - e passi - ma volge il capo anche di fronte alla morte della democrazia nell'urna truffata?».
La crisi politica in Ucraina potrebbe concludersi con una vittoria della democrazia. In questi anni assistiamo, nel mondo, alla crescita delle «possibilità storiche di liberazioni nonviolente» dalle dittature, commentava Marco Pannella nella conversazione settimanale di ieri. Le armi di attrazione di massa rappresentano un'opzione sempre più realisticamente praticabile. La scelta della nonviolenza si dimostra sempre più produttiva e viene sempre più spesso fatta propria dai movimenti democratici. Classi dirigenti e attenzione internazionale adeguate a gestire i passaggi alla democrazia la rendono possibile. Riconoscere l'efficacia, e quindi l'utilizzo divenuto "realistico" di queste armi non può però ridurci all'angolo dell'utopismo. L'uso della forza militare non potrà mai essere escluso e, come in Iraq, occorre comprenderne le ragioni partendo innanzitutto dal nemico cui ci troviamo di fronte.

Se l'Unione europea nasce su «fondamenta democratiche e laiche», e non su nozioni geografiche, allora vedremo nell'Europa un «nuovo centro storico della espansione e radicamento della tecnologia democratica». La «speranza» dell'Europa risiede proprio «in chi vuole divenire Europa». Oggi nell'Ucraina, nella Turchia, in Israele. Ma la politica europea ha un male oscuro di cui ancora c'è scarsa consapevolezza.

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