La morte di Yasser Arafat, dovuta alla inesorabile evoluzione della leucemia acuta che lo aveva colpito (chissà perché negata con tanta ostinazione), giunge dopo un apparente miglioramento dovuto solo alle continue trasfusioni effettuate a Parigi, mentre tutti i media italiani riportavano la notizia di un volgere positivo e della diagnosi di una malattia curabile. Ma le informazioni riservate dell'intelligence americana erano inequivoche: al massimo un mese di vita, l'ultimo viaggio del leader palestinese dal quale non avrebbe più fatto ritorno. E di fatti Israele lo aveva fatto partire.
I motivi delle patetiche smentite e contraddizioni sulla morte di Arafat hanno origine nell'esigenza di organizzare la successione e soprattutto evitare situazioni incontrollabili all'interno del movimento palestinese, tenuto a bada sinora dal raìs ma dilaniato in numerose faide intestine.
Un po' come accadeva per le delicate successioni sovietiche, dove la morte del presidente di turno era dapprima un raffreddore e veniva annunciata solo dopo un paio di giorni dall'avvenuto decesso. Per gli stessi timori di implosione interna Israele ha evitato di rendere nota, pur conoscendone i dettagli, l'inesorabile sorte che attendeva il leader palestinese. Le preoccupazioni del Mossad sono ora verso i tentativi di scalata al potere da parte dei gruppi più radicali, ma anche sul luogo della sepoltura dell'anziano leader e i tumulti che potrebbe provocare. E pensare che qualcuno ipotizzava una messa-in-scena da parte della famigerata drammaturgia araba... non si sa davvero più cosa scrivere.
Fonte: Dagospia
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