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Thursday, November 11, 2004

Nuovo mito pronto per l'antisemitismo arabo

Arricchita di un nuovo capitolo la letteratura del genere "Misteriose e melodrammatiche dipartite di tiranni per poterne cantare le gesta mitiche". Come il nascente mito dell'assassinio di Arafat per mano di Israele graverà sulle future generazioni arabe

Ambiguo e imperscrutabile anche nell'ora della morte, Yasser Arafat lascia questo mondo a suo modo. In queste ore i leader delle nazioni del mondo sono impegnati in pianti, più o meno sinceri, e in rimpianti, pochissimi. Per 13 giorni si sono rincorse voci e smentite sulla sua morte. All'opinione pubbica mondiale il presidente francese Jacques Chirac non ha concesso di sapere. Arafat per poter morire in pace ha dovuto aspettare che tutti, ma proprio tutti, fossero pronti. E di questo nessuno ne parla, per tutti è normale.

Tutti ci siamo resi conto dell'esigenza di organizzare la successione, soprattutto per evitare situazioni incontrollabili all'interno del movimento palestinese, dilaniato da numerose faide intestine. Quindi, un po' come accadeva per le delicate successioni sovietiche, dove la morte del presidente di turno era dapprima un raffreddore e veniva annunciata solo dopo un paio di giorni dall'avvenuto decesso, Arafat non poteva andarsene prima che fosse concordata la transizione. Ma neanche prima che fosse raggiunto l'accordo sui luoghi dove celebrare la funzione funebre e la sepoltura, disputa che avrebbe potuto provocare tumulti fin nel cuore più sacro di Gerusalemme. Per timore di disordini e attacchi anche Israele ha evitato di rendere nota, pur conoscendone i dettagli, l'inesorabile sorte che attendeva il leader palestinese, accettando di abituare lentamente i palestinesi all'idea della fine. E le preoccupazioni del Mossad sono ora rivolte ai tentativi di scalata al potere da parte dei gruppi più radicali.

Ma c'è qualcosa di più torbido e pericoloso, che va oltre questi "buoni motivi". Nulla infatti si è saputo, si sa, e si saprà, della malattia incurabile (forse leucemia acuta) che, secondo le informazioni riservate dell'intelligence americana, dava al massimo un mese di vita all'anziano leader (per questo Israele lo aveva fatto partire per Parigi). Resterà un segreto medico. Lo ha annunciato il portavoce dell'ospedale militare Percy, il generale francese Christian Estripeau, che prende ordini dal suo presidente: «Il segreto medico fa parte della legge francese e noi rispetteremo il segreto medico. Non daremo alcuna informazione medica». Il ruolo di Chirac non è affatto secondario in questa vicenda, ma stupisce che Stati Uniti ed Israele non abbiano fatto nulla per stroncare sul nascere ogni ipotesi complottistica, né preteso maggiore trasparenza da Parigi stessa.

Si è permesso quindi che per 13 giorni la iper-sospettosa e già complessata opinione pubblica arabo-islamica avesse tutti i motivi e gli strumenti per costruire il mito dell'assassinio di Arafat per mano di Israele, arricchendo così la favolistica del complotto sionista e alimentando il sentimento di rivalsa antisemita. Il terrorismo jihadista di ogni matrice, e qualche fazione palestinese, ringraziano. Il popolo palestinese, così come l'intera umma musulmana, continueranno così ad alimentarsi di quella propaganda fondamentalista e nazionalista che li condanna all'oppressione e al sottosviluppo.

Ma in ogni favola che si rispetti c'è un tesoro misterioso. Non poteva mancare l'intrigo che riguarda quello di Arafat, stimato in circa 4 miliardi di dollari. Prima di staccare la spina e consentire la dipartita dell'anziano leader, la vedova Suha si sarebbe assicurata una rendita di 22 milioni di dollari all'anno, termini di un accordo raggiunto in extremis con il segretario generale dell'Olp Abu Mazen.

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