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Thursday, November 04, 2004

I Dem. lontani dalla nazione; che è una. E pluribus unum

Norman RockwellQuando si dice che l'America è una e che non esiste una seconda America, quella immaginaria, quella "migliore" e dei buoni per la quale da noi molti politici e giornali di sinistra perdono letteralmente la testa ed il contatto con la realtà, non si intende negare quelle fratture e quelle divisioni che naturalmente - in democrazia - esistono e sono anzi benefiche. Piuttosto si vuole ricordare a chi troppo spesso se ne scorda che esiste un eccezionalismo americano, un carattere peculiare e profondo nel tessuto sociale e valoriale che rende la nazione unita, nel preciso senso del motto: e pluribus unum. Chi troppo se ne discosta, perde le elezioni, e chi ne sa essere migliore e più convincente interprete, le vince. Questo per chiarire che se non esistono due Americhe, una dei buoni e una dei cattivi, non è perché si intende sostenere che Bush abbia stravinto con l'80 per cento o che i Democratici si siano posti al di fuori di una specifica cittadinanza.

Sergio Romano sul Corriere di ieri spiegava come Bush abbia diviso l'America dilapidando il consenso ricevuto dopo l'11 settembre: ora deve «ricomporre l'unità della nazione». «Un paese democraticamente unito è la parodia di un regime totalitario», obietta Piero Ostellino:
«Le divisioni e i contrasti sono l'essenza della vera democrazia. Sui valori di fondo, poi, l'America non si è mai divisa, ha soltanto giudicato in modo differente le soluzioni proposte contro il terrorismo e la guerra irachena».
Difficile individuare i temi di questa campagna che sono risultati trainanti per il successo di Bush. Forse più di ogni singolo fattore, è racchiudendo la complessità dei temi e delle convinzioni in una visione coerente e apparentemente priva di contraddizioni, con un messaggio chiaro, che Bush è riuscito a mobilitare il consenso di tutta la sua base. Aver guadagnato qualche punto percentuale tra i voti tradizionalmente democratici (interessante considerare il voto per classi di età, etnie, genere, religione) non è stato determinante quanto l'aver mobilitato in profondità quel vasto, complesso, spesso diviso, movimento conservatore americano che raramente si muove all'unisono per appoggiare il GOP. Le moral issues certamente sono state importanti, ma non meno dei tagli fiscali, dell'economia e della sicurezza sociale, della guerra al terrorismo. Se Bush avesse sottovalutato ciascuno di questi temi tanto da rendere squilibrata la sua visione complessiva, non sarebbe potuto tornare alla Casa Bianca. Il movimento conservatore risvegliato da Bush e che oggi è maggioranza nel Paese non è affatto monolitico, non lo è mai stato. La capacità di Bush e dei suoi strateghi è di averlo mobilitato in ogni sua componente, ma se l'equilibrio si rompe, per esempio sbilanciando la presidenza su posizioni fondamentaliste nelle moral issues, è prevedibile che anche il fronte di consenso si possa dividere.
«Say nothing of my religion. It is known to God and myself alone. Its evidence before the world is to be sought in my life: if it has been honest and dutiful to society the religion which has regulated it cannot be a bad one».
Thomas Jefferson, 3rd president of US (1743 - 1826)

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