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Friday, November 05, 2004

I "buoni" e i "Bush haters" hanno avuto torto

Il direttore del Weekly Standard, William Kristol, ha sbeffeggiato la pretesa «superiorità morale e intellettuale» di chi, in patria e all'estero, ha sottovalutato Bush, la sua visione e la sua profonda sintonia con la nazione.
«Here at home, a great many people who fashion themselves his moral and intellectual superiors turn out once more - as he might put it - to have misunderestimated George W. Bush. And it has happened abroad, as well, where the president's opponents and enemies - which is to say America's opponents and enemies - must now be pulling their hair and gnashing their teeth with frustration and resentment. The exit polls said Kerry would win. The New Yorker had endorsed him. And still those idiot Americans reelected Bush!».
Accuse peggiori nei confronti di quella pretesa superiorità sono giunte da Piero Ostellino, che ne smaschera l'intolleranza di fondo:
«La più antica e stabile democrazia esistente ha rieletto l'uomo che i maestri del pensiero progressista italiano hanno definito stupido e capo d'una banda di criminali. Questi maestri progressisti dovrebbero piantarla d'intingere la penna nell'olio di ricino, sì proprio olio di ricino, ogni volta che parlano dei loro avversari politici. E dovrebbero riconoscere d'aver proiettato nella campagna elettorale americana il desiderio che la sconfitta di Bush significasse la sconfitta di Tony Blair e Berlusconi. Come se Blair e Berlusconi fossero alleati di Bush e non dell'America». Posizione che Ostellino definisce «non solo squadristica, ma anche provinciale. Altrimenti non si sarebbe allineata con la Francia di Jacques Chirac. Illudendosi che Chirac fosse un avversario di Bush e non invece dell'America»
Sconfitti da questa campagna sembrano uscire quindi i grandi network che assegnavano a Kerry un 3 a 0 nei dibattiti televisivi, la stampa liberal nazionale, il popolo di internet a sostegno di Kerry, i facoltosi sostenitori alla Soros, i documentaristi faziosi e antiamericani alla Moore. Mezzi come la radio, il porta-a-porta, la posta, il telefono, la militanza radicata sul territorio e non catapultata dall'alto, sembrano essere stati più efficaci.

Un onesto Todd S. Purdum, sul New York Times, riconosce a Bush di aver raggiunto il «centro politico» del Paese:
«It was not a landslide, or a re-alignment, or even a seismic shock. But it was decisive, and it is impossible to read President Bush's re-election with larger Republican majorities in both houses of Congress as anything other than the clearest confirmation yet that this is a center-right country - divided yes, but with an undisputed majority united behind his leadership. In other words, while Mr. Bush remains a polarizing figure on both coasts and in big cities, he has proved himself a galvanizing one in the broad geographic and political center of the country».

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