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Wednesday, November 17, 2004

Quale, e di chi, la politica estera

Mentre Powell, e Ashcroft alla Giustizia, si sono dimostrati personaggi portatori di una visione politica dai contorni ben definiti, con la quale hanno saputo influenzare le politiche dell'amministrazione, e sono stati in grado di condurre i loro dipartimenti con una considerevole dose di caratterizzazione personale, la Rice, e Gonzales, pur essendo due pesi massimi ciascuno nella sua materia, rappresentano due scelte di «rigida lealtà» nei confronti del presidente. Fedeli e competenti servitori che offriranno a Bush politiche in linea con la sua visione.

Con l'uscita e la sostituzione di Powell, cade, anche tra gli opinionisti liberal, il mito di una politica estera dirottata dalla setta neocon, o egemonizzata dal "falco" Rumsfeld (che tra l'altro potrebbe lasciare a sua volta, tra pochi mesi, sostituito - sono solo voci - dal democratico Lieberman). Ora il neocon è Bush, come ha dimostrato egli stesso nei suoi più recenti discorsi sull'esportazione della democrazia in Medio Oriente come strategia fondamentale della guerra al terrorismo. Non è né ingannato, né manipolato, ma «genuinamente convinto» della sua visione. Sul giornale liberal New Republic, Lawrence F. Kaplan se ne è reso conto:
«Quando si viene alle questioni di politica estera Bush non ha più bisogno di consiglieri che gli suggeriscano cosa pensare. Ma di tradurre il suo pensiero in politiche. (...) Con Condoleezza Rice al timone - e con tutta probabilità con sottosegretario di Stato John Bolton come suo vice - il Dipartimento di Stato sarà ora guidato da un team noto per la sua ferma lealtà al presidente. Essi, più di ogni altro funzionario dell'amministrazione, rappresentano le autentiche espressioni della politica estera di Bush - più realisti rispetto ai neoconservatori, ma molto più aggressivi rispetto ai "realisti"». Leggi tutto

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