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Thursday, November 04, 2004

Vince il presidente dell'11 settembre

Sul Corriere della Sera, Angelo Panebianco spiega che «Bush vince soprattutto perché è il presidente dell'11 settembre»:
«Un fatto è certo. Lo schema, adottato alla vigilia del voto da tanti commentatori, soprattutto europei, secondo cui un forte innalzamento della partecipazione elettorale avrebbe avvantaggiato John Kerry si è rivelato falso, viziato dall'ideologia e dal pregiudizio. (...) La sostanza è che l'America del dopo 11 settembre è un'America che, a differenza dell'Europa, sa di essere impegnata in una guerra contro il terrorismo islamico che si trascinerà senza esclusione di colpi (come tutte le guerre) per molti anni a venire. Ciò che sottovalutavano i sostenitori dell'equazione "più partecipazione uguale vittoria di Kerry" erano i sentimenti» della società americana. (...) Solo qualche impenitente radical chic (dell'una e dell'altra sponda dell'Atlantico) poteva davvero credere che la maggioranza degli americani avrebbe preso sul serio le risibili versioni alla Michael Moore sulle "vere cause" dell'11 settembre o della guerra in Iraq o le prese di posizione delle star del cinema e del rock».
Ma è Gian Antonio Stella che inchioda alla loro bassezza politici e giornali italiani di sinistra, smascherando quell'«illusione a lungo coltivata: che non solo esistesse ma fosse maggioritaria una immaginaria "America migliore"».
Sergio Romano ricostruice le vicende del successo di un presidente eletto nel 2000 senza consenso, ma plasmato - come tutti gli americani, dall'11 settembre:
«Il personaggio è piaciuto. Nei tratti del nuovo Bush gli americani hanno ritrovato una combinazione dei tipi umani che appartengono alla leggenda e al mito della nazione. (...) Bush ha vinto, ma dovrà rendersi conto che la sua caricatura americana non è più adatta alle nuove circostanze del dramma in cui dovrà recitare per i prossimi quattro anni. L'America, non importa se repubblicana o democratica, ha bisogno di un nuovo personaggio, più adatto alla gravità del momento e alle esigenze della nazione».

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