Pagine

Monday, September 12, 2005

Fortuna-Blair-Zapatero. Un triangolo che non si chiude

Il premier spagnolo Josè Luis ZapateroTutto (o quasi) l'articolo su Notizie Radicali:
«Non dispero nemmeno per lo stesso Zapatero, il quale ha fatto quello che ha fatto (leggi il ritiro immediato delle truppe spagnole dalla coalizione e dall'Iraq dopo l'orribile attentato di Madrid - Ndr) poiché a nessuno passava per la testa che avrebbe avuto successo alle elezioni, nemmeno a lui. Avendo vinto ha agito di conseguenza e - per questo apprezzo la sua coerenza - ha attuato il ritiro, sul quale si può essere d'accordo o no, ma che essendo stato annunciato non poteva non essere attuato».
Marco Pannella ha espresso questo concetto più volte nelle ultime settimane durante le conversazioni domenicali con il direttore di Radio Radicale Massimo Bordin. La citazione sopra però è presa dalla conversazione con Giuseppe Rippa, il cui testo si trova sul numero Luglio/Agosto di Quaderni Radicali.

Pannella, che si è detto più volte contrario al ritiro immediato delle truppe dall'Iraq – dunque dobbiamo dedurre che ritenga il ritiro un atto di mal governo – attribuisce alla decisione di Zapatero il merito della coerenza, spiegando di aver corretto la sua opinione su Zapatero dopo aver saputo che la decisione del ritiro rispondeva a un impegno assunto con l'elettorato in campagna elettorale. Tuttavia, in politica, la coerenza non è mai un valore superiore alla responsabilità. Di fronte a un atto che giudichiamo di mal governo non ci asteniamo dalla critica concedendo l'attenuante della coerenza. Il «governo delle situazioni» impone spesso di sacrificare la coerenza. Il vero leader dimostra il proprio valore accettando il rischio di operare scelte che sa impopolari (magari non mantenendo un impegno elettorale), per non essere antipopolare (optando per la decisione più "facile", ma sbagliata).

Nel passaggio citato viene riconosciuta la natura puramente demagogica della promessa elettorale di Zapatero: tanto «a nessuno passava per la testa che avrebbe avuto successo alle elezioni, nemmeno a lui». Tener fede a una promessa elettorale evidentemente demagogica può essere ritenuto un comportamento di cui apprezzare la coerenza? In questo modo dovremmo accettare come naturale che qualsiasi politico, in una competizione elettorale in cui si ritenga sconfitto in partenza, ricorra a qualsivoglia argomento demagogico. Se, per uno scherzo del destino, si ritrovasse eletto, vedrebbe riconosciuta la propria coerenza attuando la sua premiante demagogia. Allo stesso modo di un arbitro che per riparare a un fallo da rigore non sanzionato decida di chiudere un occhio sul fallo da rigore commesso dalla squadra danneggiata pochi minuti prima. Un arbitraggio equo, una bella coerenza, ma l'errore è doppio.

Zapatero ha dimostrato che fa quello che dice. Ma dobbiamo ringraziare la scarsa coerenza di Franklin D. Roosevelt, che durante la campagna per le presidenziali del 1940 promise alle madri e ai padri americani: «I vostri figli non saranno mandati a combattere in guerre straniere». Per nostra fortuna, il "cinico" presidente rassicurò il suo staff dietro le quinte: «Naturalmente combatteremo se saremo attaccati. Se qualcuno ci attaccherà, allora non si tratterà di una guerra straniera, vero?». Quale può essere da parte di Pannella il significato politico di riconoscere a Zapatero il merito della coerenza anche di fronte a un evidente atto di mal governo? Forse la necessità di doversi richiamare a Zapatero per la «radicalità» dell'azione del suo governo in materia di diritti civili richiede di "passar sopra" a un peccatuccio veniale come l'immediato ritiro delle truppe spagnole dall'Iraq dopo gli attentati di Madrid?

Il carattere demagogico della promessa elettorale, la fretta con cui ha attuato il ritiro, in un contesto aggravato dal significato politico degli attentati di Madrid e senza consultarsi con gli alleati; i negoziati condotti con l'Eta; il sabotaggio della conferenza di Santiago, dove con Venezuela, Francia e Germania ha ostacolato con successo il processo di crescita della Community of Democracies; gli ottimi rapporti con Castro e Chávez, riallacciati al prezzo di screditare la dissidenza; per non parlare delle contraddizioni della versione ufficiale sugli attentati di Madrid dell'11 marzo, messe in luce dal quotidiano El Mundo, non un foglietto qualsiasi. Questo elenco è ricco di esempi che fanno di Zapatero un modello di cattiva leadership che stride se accostata a quella pluriennale di Tony Blair. La differenza che passa fra Blair e Zapatero è la medesima che passa tra un buon governo e un mal governo.

Eppure, si dà il caso che Zapatero faccia parte, con Loris Fortuna e Tony Blair, di quella triade di riferimenti utilizzata da Pannella per indicare le scelte programmatiche che un eventuale soggetto politico costituito da Sdi e Radicali dovrebbe far sue.
[...]
Nominando "Zapatero" torna alla mente la recente legge spagnola sulle unioni gay, adozione di bambini compresa. Eppure sono i Pacs, non i matrimoni omosessuali, a far parte dell'agenda radicale, sia nel dialogo con lo Sdi che come proposta legislativa. All'interno dell'Unione nessuna forza politica ha in mente i matrimoni omosessuali, mentre quasi tutte mitizzano Zapatero per il ritiro delle truppe dall'Iraq. Se così stanno le cose, accostato a Blair, il riferimento a Zapatero rischia, dal punto di vista comunicativo, di essere un autogol: nel migliore dei casi generando confusione agli occhi di un'opinione pubblica che li percepisce come leader agli antipodi, nel peggiore rappresentando un appiattimento rispetto a posizioni già presenti nell'Unione. Di solito (vale anche per ciascuno di noi) quando ci richiamiamo a un personaggio, chi ci ascolta capisce che ci identifichiamo con quel personaggio nel suo complesso, tranne forse un aspetto che può costituire un'eccezione. In questo caso mi pare che la logica sia opposta e rischia di non essere compresa: Zapatero come riferimento "solo" per l'eccezione, per i diritti civili.

Il vero «scandalo» che Pannella cerca per il nuovo soggetto sarebbe far deflagrare nell'Unione proposte di politica economica e internazionale ispirate alle concezioni di libero mercato, ruolo dello Stato e welfare con cui Blair ha connotato il New Labour. Ad ampi settori dei Ds più che dello Sdi conviene poter contare su una "sponda" politica per rompere la "spirale del silenzio", il "politically correct" che a sinistra inibisce qualsiasi tentativo di elaborazione concreta e coraggiosa di proposte economiche riformatrici. Certo, di Zapatero apprezziamo la determinazione dimostrata nell'opporsi ai condizionamenti delle gerarchie ecclesiastiche spagnole, il modo più limpido e forte per difendere la laicità delle istituzioni e la libertà religiosa. Anche di questo elemento difettano i partiti dell'Unione, anche questo occorre per fare «scandalo». Ma se, nel dialogo con lo Sdi e l'Unione, alla bandiera radicale serve un campione dei diritti civili e della libertà di ricerca scientifica, lo abbiamo già trovato in Tony Blair, senza bisogno di ricorrere a un autentico modello di mal governo e di inserire contraddizioni nel "sistema" di riferimenti. Zapatero non sembra in grado di mobilitare quella parte di elettorato liberale e riformatore deluso dalla CdL che Rutelli sta invece efficacemente corteggiando parlando di riforme economiche.

Nel personaggio di Blair convivono il laico e il credente, il massimo esempio concreto, a livello di leader, dell'intuizione pannelliana del "credente" che è sinonimo di "laico" e viceversa. Dunque, affidare alla figura di Tony Blair la centralità della strategia comunicativa radicale non significa declassare le battaglie sui diritti civili e per la libertà di ricerca scientifica, bensì dotare quella strategia di maggiore forza e coerenza, senza concedere alibi alle strumentalizzazioni da una parte (il ritiro dall'Iraq) e dall'altra (lo spauracchio dei matrimoni omosessuali per sabotare l'approvazione dei Pacs). Se infatti le riforme economiche e le sfide della politica internazionale acquisteranno uno spazio decisivo all'interno del dibattito pubblico della prossima campagna elettorale, illegalità e clericalismo rimangono cornici e linfa del regime partitocratico. Dunque, economia, promozione della democrazia, laicità e diritti civili, legalità (informazione e giustizia), dovrebbero costituire pilastri di pari dignità della proposta programmatica di un nuovo soggetto politico laico, liberale, socialista, radicale.

Costruire un'«alternativa liberale» a sinistra significa innanzitutto essere consapevoli che se il socialismo reale "è morto", ha fallito, anche la socialdemocrazia, che per anni ha rappresentato un modello di sviluppo e benessere per le società europee, ha esaurito ormai da anni il suo compito storico. Oggi non si può essere "di sinistra" senza dirsi con convinzione liberali e senza abbracciare pienamente il libero mercato. Certo, recuperando la memoria di quelle storie umane e politiche che rappresentano i pochi «frutti liberali» del socialismo italiano, come quella di Loris Fortuna. Blair ha saputo maturare e cogliere i «frutti liberali» del laburismo inglese, mentre Zapatero è ancora lontanissimo dall'essere un frutto liberale del socialismo spagnolo.

9 comments:

Anonymous said...

Analisi perfetta. La triade di Pannella si basa solo su sue astratte elucubrazioni, non sulla realtà fattuale. Ma Pannella ha mai provato a guardare chi c'e' in quello schieramento? Non c'è più il socialismo reale ed il comunismo? Davvero? E sono d'accordo, Zapatero è un modello negativo, non solo per la fuga "coerentemente" vigliacca dall'Iraq, ma per la sua politica di finto dialogo (e appeasement autentico) verso Chavez e Castro. Pannella si sente coerente con se stesso e la sua triade? Allora non si limiti a proporre i Pacs, vada oltre e proponga i matrimoni gay, senza se e senza ma. Poi si accorgerà delle conseguenze entro quella coalizione. Vuole proporre il modello Blair? Ottimo, ma qualcuno gli ha detto che pressoche' tutta quella coalizione vede il premier britannico come fosse Belzebu'? Ma per favore...forse è meglio puntare decisamente sul proporzionale, forse così le forze liberali e libertarie ritroverebbero margine di manovra e rappresentanza politica, senza doversi inventare delle triadi che fanno a pugni con la logica, prina che con la politica...

Anonymous said...

http://simplicissimus.blogs.com/lr/2005/09/no_non_c_nulla_.html

ciao
e a presto su LR

CM said...

Strepitoso.

Metto il link nel mio blog.

Strepitoso

Anonymous said...

Ora leggo, ma polverizziamo Zapatero in un secondo (e il conseguente pensiero di Pannella):

Immagina cosa sarebbe successo se Roosevelt avesse tenuto fede alla sua promessa elettorale per il 1940 (non entrare in guerra, non inviare truppe). Zapatero si misura tutto lì e Pannella scambia la coerenza con la codardia. Un uomo politico si misura sui fatti straordinari, non sull'ordinaria amministrazione e Zapatero ha scelto la via breve, meno coraggiosa e in fondo sbagliata. Per Pannella Zapatero è da ammirare perchè ha continuato a sbagliare. Ma perseverare non era diabolico? Ora mi armo di pazienza e leggo, ciao.

watergate

Anonymous said...

Eccellente post Jim ;)

JimMomo said...

Grazie per la dritta su Roosevelt watergate!

Anonymous said...

Bel post. Mi auguro che Pannella lo abbia letto. Ciao,

harry

Anonymous said...

Pannella non so, ma di certo lo han letto quelli de La Padagna:

http://www.lapadania.com/PadaniaOnLine/Articolo.aspx?pDesc=47089,1,1

:)

Anonymous said...

Se phastidio autore del post in apertura è l'ideatore e animatore di phastidio.net, colgo l'ccasione per salutarlo e fargli i complimenti per l'ottimo sito, un faro liberale insieme con epistemes, macromonitor, noisefromamerika e pochi altri. In un paese dove pare che esista quasi solo lavoce.info ( e allora diciamo grazie a Oscar Giannino per Libero Mercato) e dove ti servono a colazione,pranzo e cena ER PROFESSOR GIAVAZZI (" hai visto, Massimo? Anche Giavazzi oggi ci da' raggggione! Mi chiedevo perche il Corsera non ci cag...sse più dopo l'endorsement del marzo 06, finalmente ci ha ridato la prova d'amore, er fisco de Visco è cosa buona e giusta. AMMESSO E NON CONCESSO CHE SIA COSI, il Visco magnificato alcune settimane fa dall'ondivago Giavazzi(quello che dice "viva Visco" e il giorno dopo "giù le tasse, DA SUBBBBITO!", ma si sa, Mieli chiede e il prof scrive, almeno Alesina è più coerente, forse perchè se ne sta lontano da Italiozia)per le tasse 96-97 vedeva Pannella e C schierati altrove. O forse adesso ci racconteranno che nel 1996 Pannella era con Prodi ? Si vada nell'archivio di RR a riascoltare, se non li hanno fatti sparire, i comizi di Pannella nella primavera 96.Sparava ad alzo zero su Prodi, sul prodismo e su tutto ciò che rappresentava in termini di oligarchia partitocratica.
Uno dei tanti esempi della coerenza di Pannella. Ma ai militonti di Torre Argentina non far sapere quanto è mistificatore il Pannella con le pere.