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Thursday, September 08, 2005

Prodi unfit contro il terrorismo

Se, come ha dimostrato lo sconcertante servizio in incognito mandato in onda ieri sera dalla trasmissione Matrix, la prima difesa è uno stato mentale, innanzitutto di chi è incaricato alla nostra sicurezza, e se lo stato di massima allerta viene davvero fatto proprio dai comandi, forse non servono neanche nuove normative per affrontare la minaccia del terrorismo islamico. Nessuna legge "speciale" ci proteggerà se poi a essere in sonno sono le nostre forze dell'ordine anziché le cellule islamo-fasciste.

Di sicuro non ci proteggerà Romano Prodi, che assieme ai soliti irresponsabili esponenti dell'Unione ha avuto da ridire sull'espulsione del falso imam di Torino Bouchta, che ieri sul Corriere della Sera è stato definito da Magdi Allam «uno dei più focosi e attivi apologeti della Guerra santa islamica e del terrorismo suicida in Palestina, Afghanistan, Iraq, Cecenia e Kashmir, nonché uno dei più spietati e cinici dispensatori di condanne di apostasia nei confronti dei musulmani che non condividono la sua interpretazione estremistica e terroristica dell'islam».

Ne è convinto Pierluigi Mennitti, che in questo editoriale su Ideazione.com spiega che c'è qualcosa che non va nel nostro modello multiculturale.
«Siamo di fronte al fallimento delle politiche di integrazione europee che hanno permesso a un gruppo ben delimitato di integralisti islamici di assumere la rappresentanza politica dell'intero mondo musulmano, da un lato sfruttando le leggi della nostra società aperta e strumentalizzando la religione, dall'altro approfittando della scarsa conoscenza della realtà islamica da parte degli apparati amministrativi europei che hanno sovrapposto a un mondo plurale e composito semplificazioni proprie del mondo occidentale.
(...)
E lo misuriamo nella concretezza dell'allarme terroristico delle nostre città, nell'extraterritorialità di molte aree suburbane delle nostre metropoli, nella difficoltà di conoscere e penetrare le comunità islamiche che le abitano e che frequentano moschee e centri culturali spesso non in linea con insegnamenti e sermoni compatibili con una società democratica e liberale».
Ha ragione, anche se quest'ultima frase contiene un'ambiguità che rischia di offrire il destro a speculazioni. Non si tratta, infatti, di definire pensieri e parole «compatibili». Si tratta di eversione, di azioni. Sono in molti a pensare che il jihad di Bin Laden sia legittimo e che l'America si meritasse l'11 settembre. Poi esiste il reato di «istigazione o apologia di terrorismo o crimini contro l'umanità»; poi si accerta, come nel caso di Bpuchta, un'attività di reclutamento di combattenti islamici all'interno delle moschee da lui gestite.

Insomma, o con noi o contro di noi, sembra parafrasare Allam quando conclude scrivendo: «O con lo Stato e la legge o con l'eversione e il terrorismo».

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