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Friday, September 02, 2005

Le radici di una religiosità democratica e repubblicana

Siamo sicuri che in Europa, e in Italia, come scrive Amato e lamenta Ratzinger, la religione è relegata al privato ed espulsa dalla sfera pubblica? Possiamo affermarlo con davanti agli occhi tutti i mega-eventi, la vitalità dell'associazionismo cattolico, l'esposizione mediatica del Papa, editoriali, film, trasmissioni, sceneggiati, dedicati a temi religiosi? Proprio qui, dove il Concordato riconosce alla Chiesa un rapporto privilegiato con lo Stato, benefici culturali e finanziari? No, non regge. Credo che per "religione nella sfera pubblica" si pretenda altro: che nessuna legge contraddica gli standard islamici (pardon, cattolici); che le deliberazioni dei Parlamenti siano ispirati alla morale cattolica. Il '900 ha già "aggiornato" il concetto di laicità. L'Unione sovietica, o l'Iraq di Saddam, erano forse stati laici? Sì, se la laicità fosse ancora quella ottocentesca. Ma il secolo dei totalitarismi ci ha insegnato che la laicità non si contrappone alla religione così, per vezzo anti-religioso, bensì a qualsiasi pretesa, confessionale o ideologica, di monopolizzare l'etica pubblica, negando pari dignità morale ad altre visioni altrettanto morali della vita.

Andatevi a leggere questo articolo scritto per Notizie Radicali, di cui vi riporto alcuni passaggi qui sotto.

Se dunque, per presenza della religione nella «sfera pubblica» si intende il suo riconoscimento da parte dello Stato e una legislazione a essa ispirata, occorre riconoscere che non v'è paese dove la cortina di ferro che separa lo Stato dalla religione sia così impenetrabile come negli Stati Uniti. La Costituzione americana vieta esplicitamente ogni rapporto concordatario fra Stato e chiese, vieta al Congresso di approvare leggi che le riconoscano o le finanzino, e non contiene alcun riferimento alle "radici" religiose della nazione. Il "Creator" della Dichiarazione di Indipendenza è aconfessionale e addirittura deista. Oltre a ciò, se ricordiamo le accuse lanciate per tutti gli anni '90 da Papa Giovanni Paolo II alla società americana, patria del capitalismo e del consumismo più sfrenati di cui i Paesi dell'Est europeo appena liberati venivano scongiurati di non seguire le orme, balza agli occhi una enorme contraddizione. Laddove la separazione fra Stato e Chiesa è più netta, laddove il materialismo capitalistico è più accentuato, si osservano inequivocabili segni di una rinascita della spiritualità religiosa, registrati da un'interessante inchiesta in copertina questa settimana su Newsweek.

Quella proposta dal settimanale statunitense è una bella e variegata «topografia della fede». Gli americani «stanno cercando esperienze personali di Dio e, secondo i sondaggi condotti, non si preoccupano di ciò in cui credono i loro vicini». Quella che viene fuori è «una passione per un'immediata e trascendente esperienza di Dio. E un'accettazione tipicamente americana dei percorsi incredibilmente diversi che le persone hanno intrapreso per realizzarla».

Un importante evangelista, Tony Campolo, prova a spiegare: «La domanda è: conosci Dio? Puoi avere una solida teologia ed essere ortodosso fino al midollo, ma hai avuto esperienza di Dio nella tua vita? Stiamo cercando la trascendenza nel mezzo del mondano. E cosa c'è di più mondano della politica?» Il 75% degli intervistati dice che una spinta «molto importante» per la loro fede è creare una relazione personale con Dio, non combattere battaglie politiche.
«Oggi, dunque, la vera richiesta spirituale non è mandare un altro conservatore alla Corte Suprema, o introdurre la teoria creazionista nelle scuole. Se fai esperienza di Dio direttamente, la tua fede non dipende dal tipo di selezione naturale che può aver prodotto il flagello di un batterio. Se senti Dio dentro di te, allora la questione importante è definita; il resto sono dettagli».
E' questa la fede fai-da-te condannata da Papa Ratzinger, evidentemente interessato a conservare una stretta autorità su ciò cui occorre adempiere per essere buoni fedeli. Ecco, direbbe invece Tocqueville oggi, le radici di un cristianesimo (e di una pluralità di religioni) «democratico e repubblicano». Il filosofo francese scrisse che mentre in Europa «lo spirito di religione e lo spirito di libertà» procedevano «in senso contrario», negli Stati Uniti «regnavano intimamente uniti». Non vi fu dall'inizio alcuna fede religiosa contraria alle istituzioni democratiche, mentre a lungo in Europa vi fu l'opposizione cattolica nei confronti delle teorie e delle istituzioni liberali e democratiche. In Europa la lotta per il potere tra Papa e Imperatore durò secoli. Fin dalle origini, in America, politica e religione «furono d'accordo, e non cessano di esserlo, sulla separazione delle rispettive autorità». Eppure, nonostante "radici cristiane" fonti di un rapporto assai meno controverso fra Chiesa e Stato, a esse non v'è alcun richiamo nei testi costituzionali Usa. Non per questo oseremmo sostenere che gli Stati Uniti abbiano smarrito la propria identità.

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