Pagine

Monday, December 05, 2005

Clerical Harassment

Di «molestie clericali» parla oggi Emma Bonino a la Repubblica, descrivendo il meccanismo dell'ingerenza pontificia sulla politica italiana che molti si ostinano a non voler vedere: in Italia «il Papa dice, la stampa riprende e la classe politica si inginocchia».
«Nessuno vuole imbavagliare le gerarchie ecclesiastiche. Ma le regole di convivenza sono state stabilite dal Concordato: in cambio di benefici economici evidenti c'è una restrizione dell'interferenza politica della Chiesa. Se invece vuole fare politica come in altri paesi, allora aboliamo il Concordato: chi l'ha reso obsoleto è la Chiesa».
Una prova concreta dello sbocco che può produrre l'harassment l'ha fornita monsignor Caffarra, facendo intendere che la differenza tra peccato e reato non è più di attualità: «Sostenere che nella sfera privata ciascuno persegue la concezione del bene che più gli aggrada, mentre nella sfera pubblica valgono solo le regole basate su principi di giustizia formale e procedurale» è ingenuo perché «chi commette abitualmente certi peccati finirà per commettere almeno qualche reato». Certi? E quali? E' peccato desiderare la donna d'altri e anche avere altro Dio all'infuori di Lui.

Allora, chiede la Bonino, «in cosa si distingue dall'imam della moschea del Cairo che avendo la sharìa nella Costituzione sostiene che peccato e reato coincidono? Da una parte, tutti all'attacco del mondo islamico, dall'altra ne stiamo imitando le modalità di interferenza negli affari della Repubblica».

Per Gian Enrico Rusconi, su La Stampa, il «punto cruciale» è «l'etica pubblica, la sua espressione, i suoi vincoli».
«Dovrebbe rispondere alla pluralità delle posizioni etiche (e religiose) di tutti i cittadini (credenti, non credenti e diversamente credenti) e come tale deve godere della garanzie dello Stato che si dice laico, appunto. L'intento della Chiesa invece è quello di determinare a senso unico l'etica pubblica - con la pressione istituzionale e con la sua autorevole presenza nella grande comunicazione. Ovviamente si comporta così perché è certa che soltanto la sua concezione della natura umana, della famiglia o delle finalità della scienza sia quella vera. Il compito dei laici al contrario è la salvaguardia della pluralità dei convincimenti morali, dando voce a tutti gli argomenti nel confronto pubblico».
E' difficile parlare di dialogo tra chi non si limita a esprimere un'opinione, ma sa di indicare la Verità. Da questa presunzione scaturisce infatti la «sistematica accusa di relativismo che ostinatamente fraintende il senso del pluralismo laico», il non riconoscere «la piena legittimità o quanto meno la plausibilità etica di concezioni e argomenti (sulla natura umana, sulla famiglia ecc.) diversi se non alternativi» a quelli sostenuti dalla Chiesa. Su questi presupposti non è possibile un «dialogo autentico», «un serio scambio di argomenti, un vero dialogo quale invocato ancora recentemente dal cardinal Ruini».

Non solo quindi, il problema istituzionale dei rapporti fra stato e chiesa, l'attuale assetto concordatario, ma in una società nella quale, superato il secolo delle ideologie, ormai anche gli attori politici più massimalisti hanno abbandonato la pretesa di essere in possesso della verità si pone il problema del confronto democratico con un soggetto che rivendica per sé il livello più alto dei valori e nega alle altre posizioni di essere anch'esse portatrici di valori.
«Non si tratta di disconoscere l'immenso valore culturale e morale che il riferimento a Dio creatore e legislatore ha svolto storicamente nell'umanizzazione e civilizzazione dell'uomo. Né di contestare al credente la sua convinzione che i diritti fondamentali siano radicati nella condizione naturale dell'uomo come creatura... Non è la creazione il fondamento dei diritti dell'uomo ma un'evidenza etica... Per il laico oggi la questione della natura, la questione dei diritti e la questione di Dio si sono separate... L'etica laica non ha altro punto d'appoggio che l'autonomia della ragionevolezza umana, con tutti i suoi limiti».
Intervistato dal Corriere della Sera, Emanuele Severino è sbigottito dalle parole pronunciate all'Angelus di questa domenica da Ratzinger, per il quale la libertà religiosa non è minacciata solo dai totalitarismi, dalle ideologie e da altre religioni, ma «in maniera più subdola, dal predominio culturale dell'agnosticismo e del relativismo».

La libertà religiosa è garantita dai sistemi democratici, «su questo non ci piove», premette Severino.
«Ma se fosse vero che l'agnosticismo e il relativismo la ostacolano, e in modo tanto più grave perché subdolo, ne verrebbe che per garantire la libertà religiosa e quindi la democrazia si dovrebbe bandire dallo Stato ogni forma di pensiero che si ponga in contrasto con il cristianesimo o con la religione in generale. Addirittura, bisognerebbe bandire anche una forma sostanzialmente innocua di opposizione al cristianesimo come l'agnosticismo, che si limita a dire "io non so!"...»
«Al di là delle intenzioni, che sono nobilissime, l'esito è inevitabile: bandire dallo Stato il pensiero critico». Per farla breve, «per affermare la democrazia si arriverebbe a negarla».

Le preoccupazioni del Papa, secondo Severino non sono fondate, ma «fondatissime!». La filosofia del nostro tempo è in opposizione «esplicita» e non subdola alla tradizione: «L'esistenza di un immutabile e divino ordinamento della realtà implicherebbe l'inesistenza del mondo, cioè l'assurdo».

Il relativismo, commenta anche Giulio Giorello, «non è un dogma, "Non c'è verità", non è nemmeno la frase banale e insensata "tutto è relativo". Il relativismo è l'atteggiamento mentale...»: E sottolinea come nella storia si sia sempre ucciso nel nome degli assolutismi che si proponevano proprio di porre un argine al relativismo dei tempi.

2 comments:

Anonymous said...

Gli stralci delle dichiarazioni rilasciate da Severino e Giorello rispettivamente, unitamente alla tua descrizione di un confronto con la Chiesa "drogato" dall'assunzione unilaterale di una Verità, contengono una buona dose di approssimazione e di aporie.
Dice Severino: «L'esistenza di un immutabile e divino ordinamento della realtà implicherebbe l'inesistenza del mondo, cioè l'assurdo». Il filosofo bresciano, forse inconsapevolamente, parla dell'Islam, nel quale Natura e Grazia coincidono nel rispetto del dettato coranico, non certo del cristianesimo, che prevede invece il libero sviluppo del creato come riverbero di una originaria (e benfica) volontà creatrice. Un infortunio teologico macroscopico, per un pensatore del suo calibro.

Il relativismo, dice invece Giulio Giorello, «non è un dogma, "Non c'è verità", non è nemmeno la frase banale e insensata "tutto è relativo". Il relativismo è l'atteggiamento mentale...». Quindi il relativismo, dopo alcune avventurose sortite in territorio etico, rientrerebbe nell'ambito più tranquillizzante della gnoseologia. Perciò non tutto è relativo (ché quello, come giustamente segnalato da Giorello, sarebbe un dogma dei più rigidi), ma un Verità ontologica, anche solo come approdo finale di un itinerario conoscitivo, esiste eccome. Delle sue l'una, no?

Anonymous said...

però quando dovete sostenere la tesi dell'amnistia, siete sempre i primi a tirare in mezzo il papa e il suo discorso in parlamento. Lo avete addirittura citato nel testo principale del vostro appello "Amnistia per Natale 2005".
Teodoro Brandis