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Sunday, December 18, 2005

Nella tortura il seme del totalitarismo

«Se tortura, l'America perde se stessa». «Legalizzare gli abusi significa rimuovere i valori che vogliamo promuovere». E' una replica con solide argomentazioni quella di Andrew Sullivan a Charles Krauthammer, che aveva ipotizzato giorni fa la necessità di legalizzare la tortura in condizioni strettamente limitate e solo previa autorizzazione di alte autorità istituzionali. Oggi sappiamo che il presidente Bush ha espresso il suo favore all'emendamento McCain che bandisce ogni «trattamento crudele, inumano e degradante» dei prigionieri.

Ma gli argomenti di Sullivan meritano un'attenta lettura. Spiega quanto sia profondamente disumano «spezzare» un individuo, perché lo si priva per sempre della sua «integrità».
«Nella relazione tra torturato e torturatore si mostra la cieca tenebra del totalitarismo... Siamo di fronte all'utilizzo di un riflesso umano elementare e insopprimibile... finalizzato alla distruzione dell'autonomia di una persona».
Lo scopo dei torturatori di Stato delle epoche passate era quello di «annientare l'autonomia dell'eretico» ricorrendo al terrore fisico. In altre parole, «distruggere l'anima di un essere umano per salvarla». A quelle pratiche si contrapposero le teorie della libertà individuale su cui si fonda oggi l'Occidente. Se democrazia e liberalismo non mettono l'uomo al riparo dal commettere crimini e atrocità, tuttavia gli forniscono gli strumenti culturali per riconoscerli come tali e correggersi. I trattamenti degradanti riservati da alcuni secondini americani ai prigionieri iracheni ad Abu Ghraib, proprio perché illegali e perseguiti dalle autorità, non devono indurre a porre sullo stesso piano gli Stati Uniti e il regime di Saddam o altri regimi che si avvalgono della tortura di stato.
«... il concetto stesso di libertà occidentale è scaturito dalla consapevolezza che, se lo Stato ha il potere di arrivare tanto a fondo nell'anima di una persona e può a tal punto danneggiare un individuo, lo Stato stesso ha esaurito tutto l'ossigeno necessario alla sopravvivenza della libertà. Qualsiasi sistema di governo approvi la tortura, ha incorporato nel suo Dna un gene totalitario».
Se vogliamo combattere in modo coerente ed efficace le peggiori disumanità del nostro tempo, come il nazismo ieri e il terrorismo oggi, è sbagliato ritenere che colui che si macchia di atti atroci abbia in qualche modo titolo a un trattamento inumano. Dobbiamo guardarci dalla tentazione di negare il carattere di umanità a coloro che ci appaiono dei «mostri» assetati di morte, non solo per uno scrupolo morale, ma anche perché dal punto di vista culturale e concettuale «ridurli a un livello subumano significa esonerarli dalla responsabilità dei loro atti».

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