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Sunday, December 18, 2005

Cari Nobili e Lioni...

Cari Nobili e Lioni,
con la vostra appassionata lettera aperta al Riformista (10.12.2005) avete centrato la vera questione sociale del nostro paese: la mancanza di ricambio generazionale nelle università, nel lavoro, nelle professioni, nella politica. La responsabilità politica – ed è il caso di dirlo, morale – della nostra vecchia classe dirigente è delle più gravi. Non ha assolto uno dei principali compiti della leadership di un paese: immaginare, programmare, non ipotecare il futuro dei suoi figli. Invece, attingendo a piene mani alla spesa pubblica, ha garantito per sé un tenore di vita al di sopra delle possibilità reali, scaricando sulle spalle delle generazioni future l'onere dei debiti contratti. La crisi del sistema pensionistico è emblematica del carattere generazionale della questione sociale.

I figli escono tardi dalla casa dei genitori? C'entrano forse gli studi completati fra i 28 e 30 anni? C'entrano affitti e mutui alle stelle e banche che non finanziano le idee? La nostra fiducia nel futuro è sotto i tacchi. A deprimerla è lo spreco generato dai mille privilegi. Pensiamo al nostro studio, al nostro lavoro, alle nostre imprese, ai nostri risparmi, alle professioni blindate, agli svantaggiati e ai meritevoli esclusi. Su ogni aspetto della nostra vita grava l'enorme spreco di risorse. Ecco dove muore, oggi, la nostra fiducia. Di fronte ai privilegi dei burocrati, dei professionisti iscritti agli ordini, delle imprese operanti in regime di oligo-mono-polio, dei senza lavoro dotati di posti di lavoro, di corrotti e collusi, di evasori e abusivi, dei settori industriali assistiti ma decotti da decenni e sì, anche della chiesa, con il denaro pubblico che riceve. Qualunque spesa o norma dello Stato che distorce le logiche del merito, del mercato e della concorrenza, comprime le opportunità, si risolve in uno spreco, crea ingiustizie. Chi meglio di noi può rendersene conto?

Gli obiettivi di crescita economica, mobilità sociale, e servizi di qualità, richiedono l'approccio liberale e blairiano dell'Enabling State. Lo Stato che abilita, accresce le facoltà e le opportunità degli individui secondo lìinscindibile binomio libertà/responsabilità e rende i cittadini capaci di scegliere e decidere in proprio, senza padrini né tutori. «Possiamo creare delle opportunità, ma non possiamo gestire le vite o gli affari delle persone», dice Tony Blair. E parafrasando Blair, con i miei amici dellìAssociazione on line Lievito Riformatore diciamo "Tough on Waste": duri contro i privilegi, contro tutti i privilegi.

Servono i punti chiari dell'«agenda Giavazzi» e la cultura liberale dei radicali, visti spesso con insofferenza proprio dalla Margherita. E' necessario e salutare lo scontro con le corporazioni e con i sindacati più conservatori, lo scontro tra una sinistra liberale e l'«ultrasinistra» corporativa, che sul Riformista Biagio De Giovanni non esita a definire reazionaria. Non dovendo ricorrere alla preposizione "ex" per definire la nostra identità politica, né difendere il percorso di una vita o posizioni acquisite, né nascondere i segni del tempo su vecchie tradizioni politiche, chi può esserne migliore interprete se non la nostra generazione? Poniamoci non la speranza, ma l'obiettivo di un Partito Democratico all'americana. Non veicolo dei pregiudizi della cultura catto-comunista nel XXI secolo, ma di un Dna preciso: individuo, mercato, interventismo democratico. E una laicità non ritorsiva che si contrapponga a qualsiasi pretesa, confessionale o ideologica, di monopolizzare l'etica pubblica.

1 comment:

Anonymous said...

Gerontocrazia........