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Wednesday, December 14, 2005

Non esistono terze vie

«Non credo esista, questa terza via», dice Milton Friedman. «Ma è vero che un mercato competitivo non significa assenza di società. L'approccio sociale va bene quando non c'è di mezzo il mercato».

Il socialismo è cambiato e in un certo senso non è più se stesso. Una volta «comportava la proprietà e la gestione pubblica dei fattori di produzione, ora, identifica solo un governo che si preoccupa di spostare il reddito, trasferendo da chi ne ha verso chi non ne ha. E' un problema di distribuzione della ricchezza. Non di proprietà». Il modello scandinavo è possibile grazie a «comunità piccole e omogenee».

Friedman è scettico sul miracolo cinese. «Non si può incoraggiare lo sviluppo ed essere autoritari perché si provoca un conflitto tra popolazione e Stato. Senza libertà, la crescita si ferma». Anch'io ritengo la libertà politica sia «essenziale» e che a Pechino non siano affatto riusciti a far quadrare il cerchio, come molti sostengono, coniugando libertà economiche, capitalismo e sviluppo con un sistema politico autoritario a partito unico. La crescita in realtà è garantita dalla riduzione in schiavitù di milioni di lavoratori e al prezzo di affamare le campagne. Le contraddizioni esplodono già oggi ed esploderanno sempre di più: Tienanmen è «solo il primo episodio di una lunga serie».

Oggi tutti si rendono conto che «la strada per il successo dei paesi sottosviluppati passa su mercati più aperti e la globalizzazione». E Internet è «lo strumento più efficace». La spesa americana preoccupa Friedman: «Se il governo degli Stati Uniti impegna il 40% del reddito nazionale nel servizio del debito e in prelievi fiscali, quel denaro non è più disponibile per i consumi».

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