La voglia di individuare il nemico è più forte di quella di risolvere i problemi. Quel «modo adolescenziale di concepire la politica, e gli intellettuali sono i più adolescenti fra gli adolescenti»
E' diventato un intellettuale scomodo. Le Monde lo presenta come «una voce molto deviante, che dice cose che non escono nemmeno dalla bocca di Jean-Marie Le Pen». L'etichetta di razzista è stata attribuita ad Alain Finkielkraut per i suoi commenti sulla crisi delle banlieues di Parigi. Il politicamente corretto, ha detto Enrico Rufi introducendo la trasmissione che Radio Radicale gli ha dedicato, «si è scatenato contro di lui sbattendo il "mostro" in prima pagina», come nella copertina del Nouvel Observateur. «Come è stato possibile nella Francia di oggi che un filosofo che si nutre dell'insegnamento di umanisti della statura di Albert Camus e Hannah Arendt possa essere rappresentato con i tratti odiosi del razzismo?». La stampa italiana ha prontamente importato la categoria dei neo-reactionaries, di cui Finkielkraut sarebbe l'orchestratore. «Io cerco la verità – ha spiegato Finkielkraut – e a volte per trovare il vero, devo strappare il velo dei discorsi convenzionali. Lo faccio a mio rischio e pericolo, col rischio di sbagliare e di suscitare, per quel poco di verità che riesco a scoprire, odi inespiabili».
Radio Radicale ha pensato di dedicare una trasmissione in solidarietà di Finkielkraut, alla quale hanno partecipato, oltre a Rufi, il direttore di Tempi Luigi Amicone, il direttore del Foglio Giuliano Ferrara, il direttore di Radio Radicale Massimo Bordin e lo stesso intellettuale francese in collegamento. Bordin ha spiegato i perché della solidarietà. Anche i radicali sono «abituati a combattere battaglie sul fronte dell'informazione perché le loro posizioni vengano correttamente riportate e riconoscono nelle operazioni contro Finkielkraut le operazioni che hanno dovuto subire». Inoltre, aggiunge Bordin, nei ragionamenti di Finkielkraut ritroviamo «la complessità dei ragionamenti radicali» e spesso dei richiami a Camus, molto caro a Pannella, a Rufi e ai radicali. Soprattutto «il concetto che i dominati non sempre sono innocenti è molto radicale e molto poco politically correct». Su temi quali il divieto del velo islamico nelle scuole francesi e il giudizio sull'attuale Papa, Bordin e Rufi sentono più «assonanza» con Finkielkraut che con Amicone e Ferrara, i quali comunque hanno espresso la loro solidarietà al filosofo.
La realtà fa paura. E' questo il problema della Francia e dell'Europa per Finkielkraut. Siamo di fronte a «un fenomeno senza precedenti, un'immigrazione piena di odio». Di fronte a essa, temendo l'accusa di razzismo, vi è la «tendenza a minimizzare, nella lingua rassicurante del progressismo che divide il mondo fra dominanti (sempre colpevoli) e dominati (sempre innocenti anche quando sembrano colpevoli)». Al di là degli schieramenti politici, ovunque vi è «la tentazione a sostituire la preoccupazione per il mondo con la voglia di individuare un nemico; invece di affrontare i problemi in Francia si preferisce individuare i nemici tra coloro che indicano i problemi». E' «un modo adolescenziale di concepire la politica, e gli intellettuali sono i più adolescenti fra gli adolescenti», osserva il filosofo. In questo modo «l'antirazzismo eredita ciò che il razzismo ha di peggiore in sé, l'essenzializzazione dell'uomo».
Un politico in Francia che ha il coraggio di chiamare le cose con il loro nome è il ministro dell'Interno Sarkozy, sostiene Ferrara. Non tutte le cose che dice Sarkozy lo convincono, ma secondo Finkielkraut gran parte dei media francesi sbaglia a identificarlo come leader del fronte di Le Pen. Per aver chiamato «feccia» i rivoltosi delle banlieues, ora si dice che il ministro pensi che lo siano tutti i neri e gli arabi, ma è «una bugia enorme che soddisfa solo la voglia del nemico e di rappresentare un ministro dell'Interno fascista». «Ci rassegneremo alla protezione del Papa - ha detto con ironia Ferrara - la più importante autorità laica». Ma Finkielkraut si è detto molto «impressionato» da Benedetto XVI, perché gli sembra un «dissidente all'interno della sua stessa Chiesa».
4 comments:
Non sono stato vago io, Finkielkraut non ha approfondito su Ratzinger e ho preferito non rischiare interpretazioni sbagliate.
ciao
Grazie mille JimMomo per aver messo a disposizione le opinioni di Finkielkraut, per me un interessantissimo pensatore. Rispondo anche a Phastidio, su Ratzinger "dissidente all'interno della sua stessa chiesa". Finky ha voluto chiamarlo così perché la Chiesa cattolica non è un monolite unico e anche loro hanno le "primule rosse" al loro interno: frati francescani di Assisi, Padri comboniani, padri somaschi, i Don Gallo, i don Mazzi, i don Vitaliano - il prete no global che va in corteo con quelli che urlano "dieci, cento, mille Nassiriya". Dunque papa Ratz come Finky è vittima di quel pensiero unico e relativista che ha tra i suoi principali fautori La repubblica, L'unità, il Manifesto e tutti i campioni di quel conformismo intellettuale che citi. Saluti e Auguri da Nessie
Nessie, non sono sicuro che sia questa l'interpretazione corretta di F.
Ma non è quella di Finky, of course: è la mia. Se poi conoscerai la sua, faccela sapere.Ciao.
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